lunedì 11 aprile 2016

LA BELLA FAVOLA degli anatroccoli che diventano cigni.
Articolo dedicato a mio figlio Michelangelo (di Mario Bocchio).
Devono averla imparata veramente bene la celebre fiaba di Hans Christian Andersen, i giocatori Under 8 dell’APD Alessandria Rugby che al concentramento di Asti di domenica 10 aprile hanno costituito la formazione “Due”.

La fiaba in questione è quella che parla dell’anatroccolo che alla fine si trasforma in splendido cigno.
Scelte tecniche avevano optato per una seconda formazione sulla carta oggettivamente più debole rispetto alla prima, se non altro per la presenza di giocatori da poco avvicinatisi alla pratica del rugby. Tra loro due “veterani”, Michelangelo Bocchio e Giacomo Ferraris. In particolare il primo, non aveva per niente gradito la scelta degli allenatori, presentandosi al via taciturno e imbronciato. Dentro di lui però, stava mettendosi in moto un qualcosa di prorompente, di assolutamente diverso dalle altre volte.
Lo si sa, gli scontri contro lo Junior Asti Rugby sono da sempre molto sentiti, complice il fascino del Derby del Tanaro.
Inizia il match e Bocchio parte addirittura dalla panchina. I Tuttineri affondano come calde lame nel burro ed in breve sono sul 3-0, con il tecnico astigiano ad incitare i suoi a chiudere definitivamente l’incontro.
Entra Bocchio e accorcia subito le distanze: Asti 3, Alessandria 1. Poi succede quello che non avresti mai pensato. Bocchio mette il braccio sulla spalla di Ferraris, i due si parlano. Riprende il gioco e lo stesso Ferraris sembra un torellino che la difesa astigiana fa fatica a contenere. Da una sorta di mol, Bocchio arpiona l’ovale e come una furia trova il varco giusto per andare ancora in meta: Asti 3, Alessandria 2. Ed ecco il gesto che mi ha fatto commuovere - e non perché Michelangelo sia mio figlio -, ma perché evoca una delle pagine leggendarie dello sport: 

si è rimboccato le maniche della divisa e ha chiamato i compagni all’assalto. Mi sono commosso perché mi è venuto in mente Valentino Mazzola al “Filadelfia” quando stava per dare il là al celebre quarto d’ora granata. Tante volte glielo avevo raccontato, proprio per fargli capire che non bisogna mai mollare, che bisogna crederci fino alla fine.
Tutto è cambiato, quelli che poco prima sembravano agnelli pronti ad essere divorati dai lupi, hanno invertito i ruoli. Tutti quanti - uniti nella bellezza del rugby che in fondo è splendido sport di squadra -, con la folta chioma bionda di Emma Francescon che le dava le sembianze di una vera e propria valchiria in mezzo al campo.
Ancora Bocchio in meta! Straordinario: Asti 3, Alessandria 3. Un pallone sporco, uno scatto felino, un zig zag che evita il placcaggio e lo stesso Bocchio e di nuovo lì a schiacciare nell’area di meta. Asti 3, Alessandria 4. Poi il fischio finale. L’apoteosi. I Tuttineri increduli, messi in ginocchio dalla cosiddetta “paura del palcoscenico”, che ha i connotati di sette giocatori umili e coraggiosi: oltre agli stessi
Bocchio, Ferraris e Francescon, anche Manuel Esposito, Ottavio e Libero Vinci e Gabriele Stango. Sono loro ad aver fatto l’impresa.
"Non ci posso credere", mi sono detto. "Ditemi che è tutto vero!" continuavo a rivolgermi a chiunque mi capitasse a tiro.
Che cosa c’è da imparare da quella che certamente passerà alla storia come una delle pagine più belle della recente storia del 
‎minirugbyalessandrino?
Questa storia racconta le difficoltà che spesso bambini e adolescenti sperimentano durante la loro crescita. Le differenze non solo vanno accettate, ma possono rivelarsi un dono: ognuno è unico e irripetibile.
Bisogna sempre “tirar fuori” il cigno che è dentro ognuno di noi.


FOTO E TESTO DI MARIO BOCCHIO (nel riquadro stilizzato)






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