“Mai così grandi”, questo il titolo che avevo
preannunciato al nostro Presidente all’arrivo dell’attesa duecentesima
iscrizione, che è arrivata, a pandemia iniziata, con il tesseramento del
secondo medico sociale che si era reso necessario già da tempo vista la
densissima attività giovanile.
Con la prima squadra che a febbraio, prima della
sospensione definitiva del campionato, veleggiava sola al comando con 11 punti
di distacco a due partite dalla conclusione del girone e che già si preparava
per le semifinali con l’obiettivo dichiarato della promozione nella serie C
nazionale e un settore giovanile che fino a pochissimi anni fa poteva sembrare
neanche pensabile: “mai così grandi” era il titolo giusto.
Scorro i numeri: tre
squadre under 6, due squadre under 8, tre under 10, una under 12, due under 14
e due franchigie (con ProRecco) per i 16 e i 18. I dodici tecnici con cui
eravamo partiti erano diventati insufficienti, ma altri quattro a febbraio
hanno terminato la prima parte del corso e sostenuto l’esame per l’abilitazione
temporanea. Ora ci sono i numeri per la “squadra" dei tecnici che con 16
unità potrebbe scendere in campo permettendosi anche una riserva (che in questo
caso forse sarebbe il posto più ambito).
“Mai così grandi”. Mi piacerebbe che
nonostante la sospensione definitiva del campionato, la grandiosa performance
della prima squadra con 288 punti fatti (44 mete) e 86 subiti, fosse comunque
ricordata e in qualche modo celebrata dalla città per onorare non solo i
meritevoli atleti che hanno partecipato alle gare, comunque tanti, ma tutti i
56 giovani adulti che in questa stagione sono scesi in campo ad allenarsi con
ogni condizione climatica, senza risparmiarsi, al cento per cento come si fa
nel rugby e sempre dopo una giornata di lavoro: “mai così grandi”. La pandemia
ci ha fermato, anzi per un po’ ci ha fatto perdere la voglia di giocare, ci ha
riportato bruscamente a quelle che sono, che dovevano essere, le nostre
priorità, come quelle di tutti gli italiani. Federugby ha per prima, tra le
federazioni sportive italiane, preso una posizione netta rispetto ai sacrifici
necessari per combattere l’epidemia, la nostra Scuola Rugby ha ancor prima
sospeso le attività seguendo i provvedimenti delle scuole, nell’assoluto
rispetto dei nostri piccoli atleti e delle loro famiglie.
Ma i primi che ci
hanno ricordato l’importanza del gioco, anche nei momenti più difficili, sono
stati i nostri bambini. Poi siamo stati costretti tutti ad ammetterlo: la vita
prima di tutto, ma una vita piena non può essere senza il gioco, che per noi è
il rugby. Allora in questa quarantena, che rispetteremo fino alla fine, non
vogliamo perdere la concentrazione e rilanciamo con forza l’idea di un centro
rugbystico provinciale degno di questo nome, i tempi sono maturi. Ci stiamo lavorando.
Pensiamo ad un impianto nuovo, di nuova concezione, un impianto post pandemia.
Un centro della salute fisica e mentale, con spazi adeguati per sportivi
giovani e meno giovani, un centro di prevenzione primaria. Un centro sportivo
educativo che si autosostenga, che crei occupazione e crescita soprattutto
umana. Ci stiamo preparando per presentare un nuovo progetto alla città che sia
un segno di rinascita. Noi che siamo abituati a ricevere la palla indietro per
riportarla avanti, che sappiamo organizzare fasi di riconquista, che siamo
abituati a risalire il campo centimetro per centimetro, ora, che il gioco si fa
duro, lavoriamo per poter riaffermare ancora: “mai così grandi”.
(Mariano Vergassola D.S. Rugby Club Spezia, foto nr. 2)
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