venerdì 13 ottobre 2017


PRIMO AVVERSARIO, BENEVENTO

L’Under16 del Ragusa Rugby, al debutto domenica nel campionato Elite, affronta in trasferta il Benevento.

Sono pochi cinque giorni per preparare l’esordio nell’Elite Under16, soprattutto se è già in trasferta: ma i dirigenti del Ragusa Rugby sono pronti, ed accompagneranno i propri ragazzi fino a Benevento.
Il primo, questo pomeriggio, ad entrare sul prato per allenare il gruppo è il presidente Erman Di Natale, dopo aver acceso i riflettori del campo, “Sono alla nostra portata”, riferendosi ai campani, “li abbiamo affrontati lo scorso aprile, in un torneo in casa loro…”, sogghigna.
Osserva i suoi ragazzi entrare alla spicciolata, sotto lo sguardo divertito dei coach Fumarola e Lucenti, “L’importante è lavorare su noi stessi, massima umiltà e concentrazione, con la consapevolezza che possiamo giocarcela con tutti. Duramente, ma con tutti”.
Gli domando en passant se ci sono squadre fuori portata. “Capitolina Roma. Poi L’Aquila. Neanche Roma Legio Invicta mi pare trascendentale: ha pareggiato in casa contro il Cus Catania, e rischiato di uscire fuori dall’Elite…”

E le due squadre campane? Il presidente risponde prontamente, “Vent’anni fa il rugby campano ci era nettamente superiore, adesso il trend si è decisamente invertito. Il torneo dello scorso aprile ci ha permesso il confronto con quella realtà Under16: Partenope Napoli, Benevento padrone di casa, Afragola e Selezione Campana. Ma quel torneo lo abbiamo vinto noi, e meritatamente…”. Tira fuori il suo cellulare, e mi mostra alcune immagini di una delle gare di quell’aprile.
“Che rugby è, il loro?”, chiedo.
“Fisico. Diciamo che in questo noi paghiamo un caro prezzo, non abbiamo molta gente di peso. Però corriamo tanto, e soprattutto abbiamo dei buoni trequarti, nel gioco alla mano siamo più veloci. Ovviamente sia noi sia loro abbiamo perso degli elementi, finiti nella U18, ed abbiamo acquisito i ragazzi del 2003. Ma in generale posso dire che andiamo a giocarcela, proprio come fatto contro il Cus e l’Avezzano”.
Nel frattempo Maurizio Fumarola, Massimo Lucenti e Daniele Gulino si sono avvicinati, e fanno cenno che i ragazzi ci sono tutti: il presidente mi saluta e si allontana, i giovanotti tra i pali scalpitano. Il match con Benevento si avvicina, avremo comunque un primo responso.
A noi non resta che augurare buona fortuna a tutti per questa nuova, esaltante, avventura.

Ragusano, classe 1991, Mirko Amenta è il capitano delle Fiamme Oro. Oggi al campo del Ragusa Rugby ha incontrato i ragazzini del mini rugby. Un esempio e un’ispirazione per i piccoli che lo hanno attorniato e che entusiasticamente hanno preso parte al giocoso allenamento con un campione alla guida degli esercizi che sono alla base preparatoria dei futuri giocatori. E lui, dotato di valori e sensibilità rare, ha dedicato pazienza e carisma e una full immersion di prato e palla ovale. “Oggi è un giorno importante – ha spiegato Luca Tavernese, team manager del Ragusa Rugby, ai piccoli atleti – perché insieme a noi c’è Mirko Amenta, che è un giocatore nazionale ed è il capitano delle Fiamme Oro ma soprattutto Mirko è stato un bambino come voi che giocava a rugby a Ragusa e rappresenta la speranza che ognuno di voi possa diventare un campione di rugby tanto quanto lui”.   
Mirko, come ti senti a tornare a casa? “L’aria di casa è sempre bella ed è sempre un momento speciale rivedere i luoghi dell’infanzia e la gente con cui sei cresciuto. Come in tutti gli altri momenti della vita non c’è niente da fare, se non lasciar fluire tutte queste emozioni e condividere anche l’esperienza acquisita con le persone che amo”.
E calpestare il campo del rugby che ti ha visto bambino e oggi esempio per le nuove generazioni ragusane?  
“Emozionate certamente; sono andato via da Ragusa a 15 anni e vedevo tutto enorme. Poi, oggi, ritorno con una carriera alle spalle e rivaluto tutto il mio passato. Per questo sono venuto volentieri qui, perché mi è stata data l’irrinunciabile opportunità di trasmettere un messaggio positivo a questi piccoli atleti”.

E come ci si sente, oggi a essere un mito, ricordando che anche tu avevi i tuoi miti? “In effetti mi rendo conto che anche allenando le giovanili delle Fiamme Oro rappresento un punto di arrivo. Una grande responsabilità che mette in gioco molte emozioni, non facili da spiegare. Avendo tanti occhi puntati addosso non posso sbagliare devo sempre stare all’erta e cercare di rappresentare al meglio quell’esempio che sono chiamato a essere”.
Il rugby che tu hai lasciato nel ricordo della tua infanzia è diverso da quello che oggi affrontano questi ragazzini? “Io ho iniziato a 11 anni e per i parametri odierni sarei già grandicello. L’asticella dell’approccio a questo sport oggi è spostata a 6 anni, a Roma infatti alleno gli Under 8, bambini dei 6/7 anni. Sicuramente si presta molta più attenzione alla preparazione atletica, è importante farli correre, saltare rotolare e soprattutto alla base di ogni allenamento c’è lo spirito educativo che si tramanda insieme alle regole dello sport stesso e la voglia di giocare per divertirsi. La tecnica e la prestazione si rimandano a 16/17 anni quando la formazione fisica è avvenuta e si è pronti e in grado di vivere il rugby vero e proprio”.
Quanto incide esser poliziotto e capitano delle Fiamme Oro?

“Sono consapevole che il compito che mi è stato assegnato è di grande responsabilità. Mi impegno per essere un esempio sia in campo che fuori, perché quando si è capitano delle Fiamme Oro non è come esserlo per una società qualsiasi: sono un rugbista, ma anche un poliziotto e questo, oltre ad inorgoglirmi, mi rende doppiamente responsabile”.

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