I ragazzi
del 2005 e 2006 si fanno onore a Bristol.
E’ come la
traiettoria ubriaca della palla bislunga. Non sai mai il suo destino e cosa
offre, capace di spiazzarti sempre, anche quando pensi di sapere tutto di ogni
sua improvvisa direzione. E’ lì, pronta a stupirti.
C’è sempre da imparare
nella vita come sui campi da rugby e quel rimbalzo spiazzante per ospitalità,
generosità e amicizia semplicemente sincera e autentica gli urchini del 2005 e
2006 hanno avuto l’onore di raccoglierlo dall’anima e dal cuore pulsante della
St. Bernadettes Old Boys RFC, club non lontano da Bristol, che ha ospitato il
nostro gruppo di 16 ragazzi per un “test match” unico nella sua coreografica
essenza. Accoglienza in giacca e cravatta, condivisione e scambio di battute e
persino, perché no, una sfida di bevute, rigorosamente analcolica (con la
scoperta di talenti inaspettati e… inespressi!), prima dei saluti finali
celebrati con tanto di balletto sulla piccola collina che fa da ingresso al
club. In mezzo a questo calore commovente una sfida gelida nel fango,
tipicamente british, con l’immancabile pioggia leggera e trasversale.
Alla fine
sguardi sfatti ma felici dopo 50 minuti di contesa arrembante. “Pa’, che
divertimento ma che fatica”, confessa un partecipante urchino con i lividi già
pronti a manifestarsi sulla pelle.
Era forse
così che sognavano i nostri ragazzi questa uggiosa trasferta nella terra dei
Maestri, così l’hanno vissuta nella pienezza dei valori del rugby. Come le
scivolate comuni, vinti e vincitori, nelle pozzanghere fangose, per la felicità
delle lavatrici più all’avanguardia. Nulla di banale da queste parti, anche nel
rito dello scambio dei simboli tra i club c’è qualcosa di unico nell’aria. Si
capisce dalla semplice ma profonda liturgia della consegna della maglia al migliore
giocatore (Gaetan Keyes con le sue applaudite scorribande) e dei berretti della
società ai giocatori che più hanno brillato in partita (Davide Pelliccioni,
Lorenzo Signorini e Federico Simoncelli). L’emozione dei premiati si mischia
all’orgoglio di tutti i partecipanti. Ci si porta a Roma anche la divisa
ufficiale dei St. Bernadettes racchiusa in una nobile cornice ma in realtà in
quell’omaggio simbolico c’è molto di più. “Onorati di essere qui per imparare“,
ha colpito nel segno il coach Alessandro Lazzari, sintesi perfetta di un
pensiero comune. Sfociato in un abbraccio collettivo con il club ospitante,
alternando piatti di pollo al curry, riso e salsicce.
Questa
fotografia che difficilmente scolorirà agli occhi del gruppo urchino è stata la
parte più vibrante dell’ormai tradizionale “Six Nation’s Tour” allestito con la
solita maestria dai genitori dei ragazzi del 2005 e 2006, stavolta in viaggio
alla volta del Galles. L’emozione di entrare nella maestosa pancia del
“Millennium Stadium” è stata forte, impareggiabile rispetto al fascino
ancestrale delle Stonehenge, alle terme romane di Bath, al ponte sospeso di
Clifton, alla cattedrale e al castello di Cardiff. Va bene così, era
l’atmosfera quella che contava, come la forza di un gruppo che viaggia
veloce. E non smette mai di tifare i loro idoli sportivi. Con felpe
urchine, berretti d’ordinanza e bandiera del club al seguito, sono stati
mezz’ora davanti all’albergo degli Azzurri a Cardiff aspettando che uscissero
per salire sul pullman diretto allo stadio. “Daje, battiamoli ‘sti Dragoni”.
L’incitamento di quei sognatori non è bastato all’Italia. Ma questa è un’altra
storia.
Per i ragazzi essersi scambiati il cinque con Parisse e compagni è già
un successo. E poi, vuoi mettere, c’è quella sfida al St. Bernadettes da
mettere in bacheca.
Ah sì
perché dimenticavo… gli urchini, contro i rivali inglesi, hanno perso la
partita più importante, quella delle bevute. Ma ci sarà tempo per rimediare.
Per il resto è stato un SUCCESSONE.
Nessun commento:
Posta un commento