Ci rattrista ricevere certe
notizie, e non potrebbe risultare in altro modo, ma questa pandemia colpisce
senza pietà anche nel nostro piccolo mondo del rugby, che poi tanto piccolo non
è! Intanto il Rugby senese piange Carlo Gori.
In un periodo in cui non
ci sono attività sportive ieri è iniziata a circolare nell’ambiente ovale
toscano una notizia che nessuno avrebbe mai voluto sentire; Carlo Gori ha
passato la palla.
Non è facile per chi
scrive raccontare a parole il personaggio Carlo Gori, sulla panchina del
Sabbione (che prese il suo nome ormai noto in tutto il mondo ovale proprio nel
periodo in cui lui allenava i bianconeri) dal 1997 al 2000, visto che è stato
l’allenatore che mi ha accolto nel mondo del CUS Siena.
Il Gori era un
poliziotto, uno di quegli uomini di mischia che non poteva non conquistare il
proprio interlocutore. Un rugbysta con le sue mani enormi e il suo sorriso
aperto, arrivato a Siena dopo aver giocato ed allenato nelle Fiamme Oro Padova
con cui vinse ben cinque scudetti, tre da giocatore e due da allenatore, ed
essere rientrato nella sua Arezzo contribuendo alla nascita ed alla prodigiosa crescita
del Vasari Rugby Arezzo.
Proprio negli anni in
cui allenò i cussini grazie alle sue richieste il rugby a Siena iniziò a
strutturarsi per partire con le attività giovanili dopo alcuni tentativi
naufragati appoggiandosi a società più strutturate ma purtroppo troppo lontane
da Siena.
Il periodo che vide i
bianconeri allenati dal Gori fu purtroppo avaro di soddisfazioni in campo a
causa dell’esiguità dei numeri ma riservò a tutti coloro che vi presero parte
la consapevolezza di vivere un periodo pionieristico che sarebbe poi sfociato
nel periodo di crescita che vide in panchina Maria Cristina Tonna, oggi
responsabile dell’intero movimento ovale femminile nazionale.
Nelle stagioni in cui il potente avanti aretino, insignito nel 2016 con l’Ovale d’Oro della Federazione Italiana Rugby, è stato al timone del rugby senese sono decine gli aneddoti che ricordiamo noi giocatori, ricordi di un rugby che oggi si è evoluto e sembrano lontani secoli.
Nelle stagioni in cui il potente avanti aretino, insignito nel 2016 con l’Ovale d’Oro della Federazione Italiana Rugby, è stato al timone del rugby senese sono decine gli aneddoti che ricordiamo noi giocatori, ricordi di un rugby che oggi si è evoluto e sembrano lontani secoli.
I racconti delle
partite in nazionale, delle epiche sfide in mischia contro il temutissimo
pilone inglese Fran Cotton, fondatore a fine carriera del marchio di
abbigliamento sportivo Cotton Traders, condite da tutte le scorrettezze che
allora venivano messe in campo pur di non soccombere in mischia facevano parte
integrante di ogni allenamento così come i racconti delle fraterne bevute a
fine partita contro gli avversari più temuti.
È impossibile per chi
le ha vissute non ricordare le raccomandazioni alla mischia di non far mai
uscire il pallone se dominante “perché poi se fai uscire la palla finisce la
magia e una meta sui trequarti a livello morale conta metà di una di mischia”,
gli inviti a farsi franare l’intero pack addosso pur di non rischiare di subire
mete di carretto e i suoi proverbiali “te do ‘na gnocca” che lo resero famoso
in tutta la toscana ovale.
Ci sono decine di
aneddoti che vengono ricordati a Siena sul “Gori” ma io me lo voglio ricordare
mentre lo portavamo in trionfo sul campo di Firenze ai Campionati Nazionali di
Rugby a 7 del 1999 per aver pareggiato contro la corazzata CUS Roma che aveva
al suo interno fior di giocatori e in panchina Guy Pardies, storico allenatore
del Petrarca Padova acerrimo nemico delle Fiamme Oro Padova e quindi del Gori.
Pareggiammo all’ultima azione, meta al centro dei pali di Antonello Ippolito
per un intercetto, trasformazione in drop di Oliver Renna e 7-7, un sogno per
noi che eravamo andati a fare una girata in 7 senza sostituzioni a Firenze.
A fine partita birre offerte dall’allenatore per tutti!
A fine partita birre offerte dall’allenatore per tutti!
Il giorno dopo
scoprimmo però che il Gori non sarebbe venuto a Siena per una settimana visto
che era arrivato a Firenze con il suo holter cardiaco senza dire niente ai
medici; quando scaricarono i dati di quella che doveva essere una tranquilla
giornata trascorsa in casa e che invece mostrava moltissime alterazioni
cardiache dovette confessare la verità e fu ricoverato per assicurarsi che non
avrebbe più sgarrato!
Al rimpianto della
perdita di un maestro di vita più che di rugby che in occasione degli incontri
dei suoi ex compagni ci presentava come “loro sono dei bravissimi ragazzi,
rugbysti al 100% ma non vinceranno mai un tubo perché in effetti sono troppo
bravi ragazzi” si aggiunge quello di non poter partecipare al suo funerale;
quando sarà finito questo incubo ci organizzeremo con gli amici di Arezzo per
ricordarlo come si deve!
Ciao Carlo!
(Antonio Cinotti)
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