Dopo.
Quando tutto sarà finito.
Lo si dice spesso in questi giorni. Pensare al
momento del ritorno alla normalità.
"Cosa farai?", si chiede spesso.
Dopo giorni (chissà quanti, ancora) di vita
rivoluzionata e reclusa, di un tempo che improvvisamente si è allungato, di
abitudini nuove o riscoperte - a volte dopo anche decenni - si pensa al ritorno
all'aperto, alla socialità spensierata e finanche sfrenata, al divertimento in
gruppo. Come prima, come nulla fosse accaduto.
Eppure, siamo dentro
ad un evento epocale. Da decenni non succedeva nulla del genere. Per molti,
anche non giovanissimi, è una prima volta.
Per alcuni, anche l'ultima.
Ci sono sedie che rimarranno vuote. Famiglie,
gruppi di amici, in cui mancherà qualcuno. Per sempre.
Improvvisamente portato via da un nemico
invisibile, senza nemmeno un perché apparente. Senza un addio.
Pensateci. Pensateci, quando polemizzate, quando
cavalcate l'onda emotiva, quando ne approfittate per attaccare questo o quello.
Come se fosse l'ennesima bega in cui intricarsi con arrogante piglio da
opinionisti tuttologi sbandierando fake news.
Quella sedia, potrebbe essere la vostra, di un
vostro familiare, di un vostro amico.
Nulla sarà più come prima.
Cerchiamo, ciascuno e tutti, di uscire da questo
pezzo di tragica storia migliori di ciò che eravamo fino a pochi giorni fa.
Fino ad adesso.
Perché nulla, al mondo, è garantito.
Nemmeno una sedia.
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