sabato 21 marzo 2020

EMERGENZA RUGBY - Un pensiero di Roman Henry Clarke



Dopo. Quando tutto sarà finito.
Lo si dice spesso in questi giorni. Pensare al momento del ritorno alla normalità.
"Cosa farai?", si chiede spesso.
Dopo giorni (chissà quanti, ancora) di vita rivoluzionata e reclusa, di un tempo che improvvisamente si è allungato, di abitudini nuove o riscoperte - a volte dopo anche decenni - si pensa al ritorno all'aperto, alla socialità spensierata e finanche sfrenata, al divertimento in gruppo. Come prima, come nulla fosse accaduto.


Eppure, siamo dentro ad un evento epocale. Da decenni non succedeva nulla del genere. Per molti, anche non giovanissimi, è una prima volta.

Per alcuni, anche l'ultima.
Ci sono sedie che rimarranno vuote. Famiglie, gruppi di amici, in cui mancherà qualcuno. Per sempre.
Improvvisamente portato via da un nemico invisibile, senza nemmeno un perché apparente. Senza un addio.
Pensateci. Pensateci, quando polemizzate, quando cavalcate l'onda emotiva, quando ne approfittate per attaccare questo o quello. Come se fosse l'ennesima bega in cui intricarsi con arrogante piglio da opinionisti tuttologi sbandierando fake news.
Quella sedia, potrebbe essere la vostra, di un vostro familiare, di un vostro amico.
Nulla sarà più come prima.
Cerchiamo, ciascuno e tutti, di uscire da questo pezzo di tragica storia migliori di ciò che eravamo fino a pochi giorni fa. Fino ad adesso.
Perché nulla, al mondo, è garantito.
Nemmeno una sedia.

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