Il Campo
Ovvero quando siamo
diventati adulti.
Tra maggio e giugno 3 importanti eventi rugbystici si sono svolti a Cogoleto (il secondo Torneo dell’Acciuga dedicato a Pompeo De Bernardi, il primo Memorial Luca Delfino e la seconda edizione del camp Haka Rugby Global) ed hanno coinvolto centinaia di bambini e ragazzi che si sono dati battaglia ma, soprattutto, si sono divertiti regalando a tutti i presenti uno spettacolo impagabile.
Constatare il successo di queste manifestazioni è motivo di orgoglio che tutto questo sia stato possibile grazie all’impianto completamente dedicato al rugby, è stato emozionante vedere i sorrisi, l’impegno e il rispetto degli atleti ma ancora, per me, più emozionante è stato vedere Gabe (Domenico Gabelloni) dopo quasi 5 decenni ancora impegnato a curare e a pensare soluzioni per migliorare il Campo, si con la maiuscola perchè il “Marco Calcagno” permette che la vita del rugby a Cogoleto continui e la sua costruzione è sicuramente la cosa più importante che abbiamo fatto.
Forse “abbiamo fatto”
sembrerà anche un pò presuntuoso e se
qualcuno si domanderà come mai esista
questa struttura solo per il rugby può essere d’aiuto ricordare alcuni fatti.
Nella prima parte
dell’attività agonistica la convivenza sul
campo da calcio non era assolutamente idilliaca e non ci si sforzava neanche per migliorare i
rapporti.
Nasce quindi per noi il bisogno di un posto più consono al gioco del rugby, solo qualche metro più in la oltre i campi da tennis si estendeva l’area dell’ex cantiere per la costruzione del raddoppio autostradale che aveva quasi le misure adatte a un campo sportivo, ci volle poco a pensare che poteva essere la soluzione ideale, perciò con una sorta di accordo impensabile ai giorni nostri, i ragazzi della squadra si impegnarono a un lavoro di volontariato e il Comune si impegnava a fornire materiale all’occorrenza per cui nella primavera del 1976 iniziò un’impresa che sembrava impossibile, realizzare un terreno di gioco dedicato esclusivamente al nostro sport.
IIl Comune faceva trasportare camionate di terra da ditte che effettuavano sbancamenti perlopiù in aree costruttive, noi attrezzati con carriole, pale e rastrelli (qualche volta, nei fine settimana, si potevano usare un paio di motocarri comunali) la stendevamo e ripulivamo dalle pietre per ampliare, inspessire, ricoprire e livellare il futuro terreno di gioco, a volte nel materiale riportato c’erano più pietre che terra ma la volontà nell’impegno non cedeva, le pietre più grandi erano levate a mano caricate sulle carriole e buttate ai lati verso il torrente poi con i rastrelli si cercava di pianeggiare il terreno, cercando di rispettare il dogma della schiena d’asino, si ammucchiavano le pietre più piccole per poi portarle via anch’esse con le carriole, per quasi 3 anni questa attività divenne una routine pressochè quotidiana dei pomeriggi invernali e delle serate estive oppure delle giornate intere durante le feste o i week end e, piano piano, il sogno prendeva forma .
All’inizio della primavera del 1979 avevamo un campo, furono montati i pali, procurati grazie a Luigi Cola personaggio importante dello sport e della politica cogoletese nonché futuro sindaco, che li recuperò a Genova dovevano servire per una nuova struttura poi non realizzata, furono posizionati insieme alla recinzione (alta 2 metri, tantissimi i palloni che finirono nel torrente Arrestra) dalla ditta di costruzioni Pesce Pietro, dopodichè si procedette alla semina, naturalmente a mano, e nei mesi successivi tutte le sere l’innaffiamento come fosse un enorme giardino, con un’unica manichetta spostata per tutto il campo, alcuni ci passarono anche intere notti.
Mentre si svolgevano i lavori, verso la metà del novembre 1977, un terribile lutto ci colpì, Marco Calcagno venne travolto a Napoli mentre attraversava sulle strisce pedonali e dopo alcuni giorni di coma ci lasciò nell’incredulità generale, era stato con noi fin dai primi momenti, un atleta capace di distinguersi in diversi Bsport partecipando, oltre che nel nostro, anche a campionati di calcio e di pallavolo, aveva chiesto l’anticipo della leva partendo a 19 anni ed era stato arruolato presso la compagnia atleti dell’Interforze Napoli che partecipava al campionato di rugby in serie B utilizzando rugbisti in servizio militare provenienti da squadre di A e di B e lui si era conquistato il posto da titolare come n° 8, unico giocatore proveniente dalla serie C.
Nel settembre del 1979 fu
inaugurato il Campo, dedicato a Marco,
con una partita contro i ragazzi che erano stati suoi compagni nell’Interforze, quel giorno
tutti ci siamo sentiti più maturi,
eravamo diventati adulti.
P.S.
Naturalmente non finirono
i lavori sul Campo, riassumendone
brevemente alcuni:
scavi per migliorare il drenaggio, riporti di terra con concimazione e riseminazione, la manichetta diventò una girandola poi 2 poi 4 poi 8 e quindi un impianto con temporizzatore, pompe e bomboloni per accumulare l’acqua, i pali delle H furono innalzati più volte fino a diventare, orgogliosamente, tra i più alti d’Italia, il primo impianto di illuminazione con i faretti della Tubi Ghisa, le panche per gli spettatori recuperate all’Ospedale Psichiatrico e dopo le sedie di un cinema, ristrutturazione degli spogliatoi poi diventati Club House, trasporto e montaggio ex spogliatoi del PalaPriccone diventati prima Sede e Club House poi palestra e sicuramente molto manca all’elenco, mi preme far sapere che in molti hanno partecipato a tutti questi lavori ma che il punto di riferimento ed artefice principale era e, come ho visto, ancora è Gabe. (Giuliano Ibba)
Nessun commento:
Posta un commento