“Il coraggio è
resistenza alla paura e dominio della paura, ma non assenza di paura”
Mark Twain
Eccoci
oggi con Massimo Mamo, Direttore Tecnico
di Rugby Parabiago e allenatore della prima squadra maschile.
Grazie Massimo per
averci dato la tua disponibilità. Ci piacerebbe conoscerti meglio, come uomo
più che come tecnico. Sei un pilastro importante del Club. Raccontaci un
po’ la tua storia.
Parabiago
è una realtà che conosco fin da piccolo, quando ho iniziato a giocare a rugby.
La mia formazione è avvenuta a Lainate, ma Parabiago è una squadra che ho
incontrato tante volte, inizialmente come avversario. Sono poi diventato
giocatore della prima squadra, allenatore degli avanti e infine allenatore.
Insomma, su questo campo ci ho passato gran parte della mia vita.
Hai sempre pensato di
diventare allenatore?
Onestamente
sì. Inconsciamente sentivo che era l’unico modo per rimanere su un campo da
rugby e io non mi vedo in nessun altro posto. Per me è stato naturale
intraprendere la carriera da allenatore…Non c’è stato un passaggio “meditato”,
un pensiero preciso. È stato tutto molto fluido e molto naturale e con il senno
di poi mi rendo conto che non mi ha mai sforato l’idea di non allenare.
Quali qualità secondo te
deve avere un allenatore, nel mondo del rugby in particolare?
La
passione. È evidente che servano anche le competenze, però la passione deve
fare da traino. Il rugby è uno sport in Italia poco considerato, c’è ancora
poca attenzione se non nell’altissimo livello. È uno sport che va dal semi
professionismo al dilettantismo e la figura dell’allenatore non è una figura in
qualche modo considerata, con una serie di criticità sia a livello economico,
sia a livello di tutele: se non sei spinto da una fortissima passione è
pressoché impossibile farlo come lavoro. Anche perché l’allenatore
non è solo quello delle due ore in campo che mette giù i conetti.
L’allenatore è quello che prepara l’allenamento, non solo da un punto di vista
tecnico. È quello che ha un rapporto continuo con i propri giocatori e con lo
staff, decide le strategie per far rendere al meglio la squadra, analizza,
studia, impara dai propri errori per capire cosa migliorare. Gli allenamenti in
campo e le partite sono solo la punta dell’iceberg.
E un giocatore? Cosa e
chi deve sostenerlo per dare il meglio di sé in campo? E quanto conta, per te,
dare il meglio di sé fuori dal campo?
Un giocatore deve avere
coraggio. Per
giocare a rugby bisogna avere coraggio. È uno sport duro, di sacrificio, nel
quale bisogna fare grandi rinunce. E prima dell’allenatore, è il compagno che
hai di fianco che ti motiva. Mi ricordo quando giocavo: la
motivazione a dare il meglio di me era sempre nello sguardo del mio compagno di
squadra. Il primo sostegno viene dai compagni.
Dare il meglio di sé fuori dal campo è importantissimo tanto quanto dare il
meglio di sé in campo. Siamo e dobbiamo essere un esempio, abbiamo il dovere di
trasmettere i giusti valori.
Cosa senti di poter dire
ad un bambino che vuole iniziare a giocare a rugby? E ai suoi genitori?
Di
andare. Di buttarsi. Il rugby è una scelta che non si rimpiangerà
mai.
Cosa pensi quando pensi
al rugby?
Penso alla libertà. La libertà di un cinquantenne che può ancora
divertirsi giocando. E non è poco. Io sarò sempre riconoscente al rugby per ciò
che mi ha dato.
Grazie Massimo, per il
tempo che ci hai dedicato. In bocca al lupo per la prossima stagione!
Essere sulle Dolomiti con le Zebre Rugby
è un'esperienza che i nostri ragazzi non dimenticheranno mai!
Non capita tutti i giorni di avere come
ospite Andrea Moretti, l'allenatore degli avanti della Nazionale ed ex
allenatore proprio della franchigia di Parma, oppure un giocatore della Federazione
Italiana Rugby come Massimo
Ceciliani
> Avreste dovuto vedere gli occhi dei
ragazzi!
Grazie a tutto lo staff dell Experience
Camp, ai Club e agli educatori di Biella Rugby
1977, Jesi Rugby
Club e Unione Rugby
San Benedetto e tutti i partner!
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