giovedì 28 novembre 2024

RUGBY GIOVANILI/ La parola a Claudio Carboni, allenatore Under 16 dell'Olbia.

Claudio Carboni, allenatore Olbia Rugby categoria Under 16, stagione 2024/2025.

Sono nato e cresciuto ad Alghero, e lì, intorno agli otto anni, ho iniziato la mia carriera rugbistica. Il motivo? Il padre di un mio compagno di classe alle medie era il figlio di un dirigente dell’Amatori Rugby Alghero. Frequentava regolarmente il campo da rugby e un giorno mi invitò a fare lo stesso. Da lì, tutto ebbe inizio.











Sin da subito ebbi un valido motivatore: mio padre, che presto divenne parte attiva dei miei progressi. Oltre ad accompagnarmi al campo, si trasformò spesso in un vero e proprio tassista per i miei coetanei, assicurandosi che anche loro potessero partecipare agli allenamenti. Grazie al suo impegno, il numero di ragazzi presenti crebbe rapidamente, rendendo le sessioni sempre più coinvolgenti e partecipate.

Quando gli allenamenti lasciarono il posto alle partite della domenica, la mia infatuazione per il rugby si trasformò in un amore vero e proprio. Da quel momento non ho mai più abbandonato questa passione.

L’idea di diventare allenatore è nata quando la mia carriera da giocatore stava ormai giungendo al termine. L’unico modo per rimanere legato a questo meraviglioso mondo era quello di allenare. Con entusiasmo e determinazione, mi sono quindi proposto al direttore tecnico, Mirko Luciano, che ha accolto la mia proposta con altrettanto entusiasmo, incoraggiandomi a intraprendere questo nuovo percorso.

Dalla prossima stagione, l’età non mi consentirà più di giocare a livello agonistico. Se da una parte questa consapevolezza mi rattrista, dall’altra mi offre l’opportunità di dedicarmi con maggiore intensità alla carriera da allenatore, portando avanti la mia passione in una nuova veste.

Per la stagione corrente dovrò ancora conciliare entrambe le cose: seguire la mia squadra come allenatore e, allo stesso tempo, allenarmi e scendere in campo con i miei compagni della seniores la domenica. Un doppio impegno che richiede dedizione, ma che affronto con passione.

La serenità che questo meraviglioso mondo mi trasmette ripaga ogni sforzo. Il rugby è molto più di uno sport: è una ragione di vita, uno stile, una religione. La mia famiglia — mia moglie e mio figlio — mi seguono e mi supportano in ogni passo, rendendo tutto più semplice, più leggero e infinitamente più piacevole.

Allenare la Under 16 comporta diversi vantaggi rispetto alle categorie inferiori. I ragazzi, essendo più maturi, hanno una maggiore capacità di comprensione tattica e tecnica, permettendo di lavorare su concetti più avanzati. Inoltre, il mio approccio, sia come giocatore sia come uomo, risulta più in linea con il livello di competenze e con le esigenze di questa fascia d’età, favorendo un rapporto più diretto e produttivo.

Prediligo un tipo di allenamento che miri a sviluppare la fisicità e la motricità, integrandole con la tecnica individuale e il gioco di squadra. L’obiettivo è guidare gli atleti verso la capacità di prendere decisioni autonome, senza imporre scelte predefinite, ma stimolando il loro intuito e la loro consapevolezza in campo.

Personalmente, grazie a questa esperienza, sto comprendendo pienamente cosa significhi essere un giocatore e cosa significhi, invece, essere un allenatore. Due ruoli diversi, ma profondamente intrecciati, che richiedono prospettive e approcci distinti.

Mi rendo conto di quanto sia complesso catturare l’attenzione dei giovani senza ricorrere a metodi autoritari o di stampo militare. Serve equilibrio, creatività e la capacità di coinvolgerli in modo naturale e stimolante.

I miei maestri, sia durante la mia carriera da giocatore che ora in quella di allenatore, sono stati fondamentali. In primis Roberto Palomba, che mi ha allenato per tutto il periodo delle giovanili ad Alghero. È stato un allenatore che non solo ci ha insegnato a giocare, ma ci ha trasmesso i valori più profondi di questo sport, facendoci capire cosa significhi davvero viverlo.

Altri nomi importanti per me sono stati Marco Bollesan, Tino Paoletti, Kelly Rolleston, Marco Anversa e, oggi, Mirko Luciano. Ognuno di loro mi ha trasmesso qualcosa di prezioso, arricchendo il mio modo di vedere e vivere il rugby, sia in campo che fuori.

Il futuro? Mi piacerebbe che la federazione considerasse di estendere di qualche anno la possibilità di giocare come agonista. Credo che molti giocatori abbiano ancora tanto da dare, sia fisicamente che mentalmente, anche superata l’attuale soglia d’età.

Buon rugby Claudio

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