Certo
a questo non eravamo preparati. Campionati cancellati, né vinti né
vincitori, arrivederci all’anno prossimo. Forse. Ma come forse, è così
cambiato il mondo?
Eppure sembra proprio di sì. Abbiamo
scoperto in breve che La Cina è vicina non è solo un libro e poi un film
sessantottino, e quindi un modo di dire di un pericolo ritenuto
falsamente lontano, ma in realtà questo lo sapevamo tutti, solo che non
era più di tanto un pericolo , ma una nuova realtà. Ed ora abbiamo una
nuova realtà da affrontare, ma non sappiamo come.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYMgp3AOLSxS_7tFVuCIOPDIWEx-Hiqov_Oy-R9ZErHBxxCoCgMHqVneMJ7U_JsFRV6K1a-FptDpswzd1EscCzjJk_R1gLdFEp1j0wYOv3JrZUagUEMhu-Eetk_g4JtWmlW0Azdxt2QfA/s640/vic+nbhj.jpg)
Restiamo in ambito sportivo. Partite a
porte chiuse? Teniamo per buona la regola antiassembramento, non è la
grande presenza di pubblico il nostro maggior problema da affrontare.
Purtroppo, dico io, ma per una volta va bene così. Cambieremo qualche
abitudine, occupando i gradoni senza sederci stretti anche nelle giornate
fredde, quando la vicinanza ti dà un po’ di calore, batteremo le mani più
di frequente, anche per gli avversari che non è mai stato un problema, e
non condivideremo l’ombrello, tanto nei paesi anglosassoni da dove il
nostro sport trae le origini sono ben poco usati. Come in Braveheart,
film come tutti sanno inspirato all’origine del Sei Nazioni, sarà una
splendida giornata, anche se diluvia, se hai un buon (e bel) motivo.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhs1h3WFUDODw3XkURZ4KOD1sB39hkcuklwzcGGgIG9H1_4slh7BKXWo7i_Cyggex5HxpiCmSRBeOoZqj7-Prix_nC8LZPTmx9BD9CRMwuFK6j6KoILml5j8pJIydGEm63LRNDRCaVXi_k/s640/vic+nvhgrt.jpg)
Torneremo ai cappelli, come i nostri
nonni, come le foto vecchie di un Menti gremito (non c’era la TV) di
persone sotto un cappello d’inverno e d’estate. Io lo porto sempre, ho
imparato da mio padre. Le signore e signorine aggiorneranno il
guardaroba, e non solo con cappelli “da ua”.
Ma al club? Faremo come faranno bar e
ristoranti, più spazi esterni, maggior distanza, poca condivisione,
torneremo purtroppo alla plastica usa e getta e ognuno metterà maggior
educazione nel trattare le cose usate da sé. E via le sigarette e
relative cicche e mozziconi, che è un bene per tutti. Qualcheduno con la
mascherina avremmo dovuto averlo anche prima, più un bavaglio che una
mascherina, ma saremo adesso tutti un po’ Isis!
Ma in campo? La versione più soft è il
rugby al tocco, che meno di così… ma sempre contatto è, e ci si alita
addosso, e la mischia? Dicono che è solo un modo di riprendere il gioco,
ma sono i trequarti che lo pensano, e i piloni sogghignano. Stanno
pensando di schierare una volta a pilone l’aletta rompina, quello che si
lamenta che non gli arriva mai la palla, o pregustano un bel
raggruppamento che coinvolga il dieci un po’ sprezzante che dice che a te
i piedi servono per portare in giro le scarpe.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2j6MiYCczQw8QWolr0BkTUCi2xX7tGRXdWoEmC6l6MMynUuWYURPeuYVJd1iVxWNg-yYXAfWcMQAx8n_K9OfuJYwesKjoaErfEtUzed3_AcGIbvc6mbPJAq-BeIbLL7Ia9-ywPcgzbn8/s640/vic+wert.jpg)
Dicono che il rugby è sport di contatto,
ma è solo un termine per non spaventare genitori e morose, non è niente
di paragonabile a quello che realmente succede in campo, dove il contatto
minore è quando si placca alle caviglie, o fai una francesina, tutto il
resto è un corpo a corpo. Compagni, avversari, touche, mischia,
placcaggio, ruck , maul, spingi, sostieni , vicino, più vicino, assieme,
bassi, tocco, ingaggio! E come fai a dire sport di contatto? L’ unico
momento di lontananza è quando l’estremo fa un calcio lungo, che se va in
touche ricomincia a breve il corpo a corpo, se lo prendi al volo sai che
hai circa tre secondi per essere poi “abbracciato”.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBdBiDeZ9wGKmMcTDfvgEDL29nhiJ4QSUutZhc8RZPNCB3Z_4eYVtc08qtwG9gZbdLAUdJbilcnbjEAJrPfn9gjjN2dkz0Nbh2iSXJ0RH1vBkpCLTJ03PNkCo6TZs7lqUzyqirnoqNvno/s200/VICENZA.jpg)
Ogni tanto ripenso al vecchio rugby
nostro, quando rugby e fango erano sinonimi. Ora dicono rugby e salame,
ma noi manco il salame avevamo. Non ne ho nostalgia, troppo è troppo, ma
la memoria resta. I palloni erano pochi diventavano in breve le
cosiddette “angurie” che andavano dove volevano e di un peso variabile
dai due ai dieci chili nel corso della partita. Facevano il paio con le
magliette che avevano la stessa variabile di peso. E sempre più
marroncine, anche da lavate. I calzettoni che erano falsi, senza piede ,
solo gambaletto che andavano dopo poco alla “Sivori” (andate in rete se
non capite) e finivano poi bucati dai tacchetti perché passavano sotto le
suole.
Ci si faceva crescere un po’ di barba
ispida per la domenica, in modo da risultare più ostici nei guancia a
guancia dei raggruppamenti. Poi un tocco di classe da parte della prima
linea, mangiare bello pesante al sabato sera, aglio abbondante, un paio
di grappe subito prima della partita e alla prima mischia subito una bella
zaffata sugli avversari. La cosa era di sicuro effetto, ma veniva
fortemente contestata dal resto degli avanti per un, come si può dire,
ecco, un effetto collaterale che seguiva la spinta successiva
all’ingaggio. Forse collaterale non è il termine geograficamente
corretto, ma non voglio soffocare… la vostra fantasia.
Non preoccupatevi, queste sono vecchie
memorie, adesso queste cose non esistono più, i giocatori sono pure
depilati, ma… siamo sopravvissuti a tutto questo, batteremo anche il
virus!
Sport di contatto! Come faremo?
Leopoldo Carta (foto minirugby da archivio)
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