TUTTI I NUMERI DELLA CRISI DEL MERCATO MUSICALE, E QUALCHE IDEA PER
RIPARTIRE
Di quante persone
parliamo? E di quale giro di affari? Con il coordinamento "La musica che
gira" facciamo chiarezza su un'emergenza senza precedenti, che bisogna
trasformare in opportunità
(di CLAUDIA
MAZZOLLA)
Il Dpcm del 17
maggio prevede che dal 15 giugno si potrà tornare al cinema, al teatro e a
sentire un concerto, sia al chiuso sia all’aperto, ma con i limiti e le
restrizioni imposte dal governo per la salute pubblica. Ve lo abbiamo
raccontato: la soddisfazione per poter anche solo sperare di tornare a ballare
e suonare è tanta, il dubbio però che nel concreto non se ne potrà fare
nulla diventa con il tempo quasi
una certezza. Negli spazi chiusi
non potranno esserci più di 200 persone e negli spazi aperti non più di 1000.
Obbligatoria la distanza di almeno un metro tra gli spettatori e previsti posti
a sedere assegnati. Resteranno, comunque, sospese "le attività che abbiano
luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al
chiuso, le fiere e i congressi".
Questo il
tentativo del governo di rimettere in moto la grande macchina culturale ferma,
in Italia, già da febbraio. Tutti gli eventi dal vivo e gli spettacoli erano
stati cancellati e tutti i Settori Culturali e Creativi (SCC) avevano sospeso
le loro attività: teatri, musei, sale concerti, live club, spazi culturali,
tutti in lockdown.
La ripresa ora ventilata, sono in molti a esserne
convinti, non tiene realmente conto delle esigenze e delle richieste che
partono dal basso di uno dei settori più colpiti dall’emergenza Coronavirus,
"il primo a chiudere e l’ultimo a ripartire".
La situazione,
insomma, è più che grave, anche perché le cose non andavano bene nemmeno prima,
o meglio il sistema aveva già tanti mali con cui confrontarsi. Oggi è anche e
soprattutto una questione di lavoro, e della dignità delle persone che (anche)
da esso dipende. Gli artisti, i musicisti, i piccoli imprenditori, i liberi
professionisti, i lavoratori a intermittenza, le imprese: tanti già da prima
della crisi lottavano per la sussistenza, ora potete immaginare quale sia
la loro situazione.
Per occuparsi di
tutto questo è nata La Musica Che Gira,
rete di professionisti del settore musicale che ha cominciato ad organizzarsi
per far sentire la voce di tutte le categorie che compongono la filiera,
proponendo al governo, ancora prima che misure per ovviare a questa maxi
emergenza, una riforma del settore.
La Musica che
Gira, coordinamento composto da decine di realtà che gravitano attorno all'universo
della musica italiana, chiede al governo di "agire immediatamente in
modo coordinato e fare tutto il possibile per mitigare le conseguenze negative
della crisi", innescando "una cooperazione tra addetti ai lavori e
tecnici del nostro settore, istituzioni e task force".
Il governo,
sostengono, deve riunirsi al più presto e convocare un tavolo tecnico specifico
dedicato all’industria musicale, per affrontare insieme ai lavoratori del
settore "l’emergenza lavorativa, economica e sociale che il fermo del
settore ha provocato", considerando anche di "riscrivere le regole di
un comparto che va riorganizzato anche sotto il punto di vista
legislativo".
Con loro abbiamo
provato a fare un quadro il più completo possibile di questa situazione mai
vista prima, per capire quali sono le criticità più opprimenti, quali le
prospettive e quali le richieste più urgenti. Perché senza le necessarie manovre in soccorso del settore
musicale "le conseguenze negative di questa crisi produrranno un’onda
lunga che ricadrà sull’economia futura del settore, sul PIL e sulla capacità
del Paese di produrre valore anche in termini socio-culturali".
Quanto vale il
settore della musica in Italia
Non ci
sono degli studi di settore recenti ai quali fare riferimento. Quello che sappiamo
però è quanto vale il settore culturale
e creativo, del quale la musica fa parte. Si tratta di circa 250 miliardi, il 16% del PIL. I dati
sono quelli del report "Io sono
cultura" di Symbola, e si riferiscono al 2017.
Quanto vale la
musica dal vivo
Nel
rapporto "Io sono cultura" lo spettacolo dal vivo è una voce non
ripartita, che rappresenta il 9% del sistema
produttivo culturale e creativo. Un altro dato
interessante è quello sul valore aggiunto generato dagli spettacoli dal vivo
che ha registrato una crescita del 9,5% dal 2016 al 2017 e un aumento degli
occupati dell'8,7%. Purtroppo gli studi sul settore culturale non sono
tantissimi, e forse è questo il dato più importante, che sta lì a rappresentare
quanto poco sia considerato sotto il punto di vista economico. Erroneamente,
visto che contribuisce in maniera considerevole al PIL e genera effetti
benefici sotto il punto di vista delle ricadute in altri comparti, come quello
turistico al quale contribuisce per quasi il 40%.
Quanti sono gli
occupati nella musica
Anche
qui, possiamo riferirci all'intero settore culturale
e creativo e citare dei dati certi che stimano un 6,1% del
totale degli impiegati in Italia, 1,5 milioni di
persone. Di queste possiamo dire che 400mila sono quelle impiegate direttamente nel settore musicale, ma il dato potrebbe essere
sottostimato per via della mancanza di una mappatura.
Quali
le figure professionali prevalenti
Sono tantissime, se pensiamo che il mondo della musica si
suddivide a sua volta in altre aree come la discografia, il booking, il management.
È un mondo complesso dentro al quale rientrano i discografici, i manager e
tutte le figure professionali che collaborano con loro che vanno dal project
manager al graphic designer, dai produttori al personale amministrativo, gli
uffici stampa; nel settore live abbiamo i tecnici – che a loro volta sono
suddivisi per competenze specifiche –, i promoter, i runner, i fotografi, i
musicisti, gli addetti alla produzione, i tour manager, gli addetti alla
sicurezza. È incredibilmente vasto il panorama delle professionalità messe in
campo quando si parla di musica, a tutti i livelli.
Quali sono
i tipi di inquadramento
I
lavoratori dello spettacolo hanno inquadramenti e professionalità molto diverse
tra loro, che possono andare dagli assunti diretti – ad esempio chi lavora in
RAI, alcuni tra gli orchestrali, tecnici assunti dai service, addetti stampa
assunti dalle agenzie – ai lavoratori autonomi – partite IVA – fino ai
lavoratori Intermittenti. I compensi possono variare molto in base alle
competenze e alle professionalità richieste. È molto difficile stabilire
inoltre un range di introiti, ci sono troppe variabili da considerare.
Che tipo di aiuti
hanno sin qui ricevuto questi professionisti
I lavoratori
autonomi hanno avuto accesso ai 600 euro previsti
dal decreto Cura Italia, mentre fa rabbia dover segnalare che il personale
inquadrato con un contratto a intermittenza non ha ancora ricevuto nessun tipo
di contributo da marzo a oggi. Parliamo della maggior parte dei tecnici che
lavorano nel nostro mondo, lavoratori che esattamente come tutti gli altri
hanno contribuito con le loro tasse al mantenimento dei servizi del paese e che
per mesi hanno dovuto subire l'alternarsi di circolari che inizialmente non li
includevano nei sostegni, in un secondo momento li includevano – anche se alla
prova dei fatti si sono visti rigettare la maggior parte delle richieste di
contributo – questo fino al 19 maggio, quando è stato stabilito che avevano
diritto anche loro alle forme di sostegno previste per gli altri intermittenti e
che entro fine mese sarebbero state pubblicate le linee guida per le richieste.
Il risultato è che gli intermittenti
dello spettacolo sono stati i primi a fermarsi a fine
febbraio e dopo tre mesi non solo non hanno ricevuto
neanche un euro dalle casse dell'INPS, ma non hanno ancora
neanche ricevuto le istruzioni per poter richiedere il contributo di 600 euro.
Che tipo di aiuti hanno ricevuto locali e aziende
A oggi questa risposta dipende dalle attivazioni delle
regioni e delle amministrazioni comunali. In termini generali si rientra nella grande voce
"contributi alle imprese", se dietro gli spazi c’è un’impresa. Molte
fondazioni si sono attivate invece sul Terzo Settore riformulando i bandi in
versione sostegno emergenziale (vedi Compagnia di San Paolo o Culturability per
citarne solo due). Lo Stato per adesso ha attivato solo una sorta di bando per
l'accesso a poche risorse come luoghi extraFUS per i nostri spazi che ancora
una volta risultano essere percepiti come "residuali" a prescindere
dallo loro oggettiva importanza per la socialità e la cultura di città,
periferie e province nonché per numero di lavoratori e indotto creato.
Come
si rimette in moto il settore
Abbiamo riassunto le nostre richieste in quattro punti che
comprendono proposte dettagliate, le trovate all'interno del nostro documento programmatico su www.lamusicachegira.it. Si
rivolgono sia all'emergenza che alla ripartenza: garantire a tutti l'accesso
alle tutele sociali; supportare le attività imprenditoriali della musica dal
vivo; stimolare una riforma definitiva del settore e una ripresa con nuove logiche
della produzione e del consumo culturale; incentivare gli investimenti Green su innovazione e tecnologia. Ma
la richiesta che sta alla base di tutto è quella di essere ascoltati dal
Governo e dal ministro Franceschini: abbiamo un capitale di conoscenze
specifiche sul settore e sul suo
funzionamento che in questo momento sono preziosissime e vogliamo solo metterle
a disposizione di tutti.
Quando si tornerà
a suonare
Anche
qui purtroppo dobbiamo sottolineare come le prime indicazioni che abbiamo ricevuto
siano figlie di una conoscenza sommaria del settore della musica dal vivo.
Viviamo la frustrazione continua di vedere calate dall'alto prescrizioni che
non tengono conto del funzionamento del nostro lavoro. Abbiamo riscontrato una
serie di criticità, dai costi per quello che ormai chiamiamo per praticità il
"COVID management" – costi che arrivano a poco tempo di distanza da
un'altra scure che si è abbattuta sugli organizzatori, e parliamo della
Circolare Gabrielli – al divieto di somministrazione, solo per fare degli
esempi. Chiediamo a gran voce una commissione congiunta Camera e Senato e che
Franceschini convochi il prima possibile un tavolo tecnico specifico sulla
musica, è inaccettabile che le regole vengano scritte senza una concertazione
con chi – a costo di grandi sacrifici – tiene viva l'offerta culturale in
questo paese.
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