PAUSA SIGARETTA di Cristiano Di Pino
Lo ammetto: quando siete
andati in Serie C non ho riso, ma ho sorriso. Quel sorriso sottile, storto, dal
bordo della riva da cui lo aspetti da una vita.
E basta così. Ci sta.
Poi ho pensato al 2005.
Al nostro anno zero. Il Genoa era appena risalito in Serie A dopo dieci anni.
C’erano i fumogeni, gli abbracci, la gloria. e poi ci hanno tolto tutto. Noi ci
siamo andati da scemi, voi ci andate da grammi.
Ma alla fine è la stessa
cosa.
Siamo finiti nei gironi
della provincia profonda, quelli senza riflettori, senza telecamere, senza
nessuno che ti chieda nemmeno il risultato. E lì, mentre oggi vi strappate i
capelli per la C, a me è venuta in mente una cosa assurda: non sapete neanche
quanto siete fortunati.
In Serie C il pallone non
rotola: prende iniziativa. La partita inizia quando arriva l’arbitro. Se non
arriva, arbitra il panettiere.
Vi sveglierete di sabato
– perché in Serie C si gioca sempre (il sabato) alle 17:30: il momento perfetto
del fine settimana in cui nessuno vi caga, e viene bene tra il riposino del
sabato e la messa prefestiva – e andrete a giocare in posti che non trovate
nemmeno su Google. O se li trovate, quando vi avvicinate, il navigatore entra
in loop con “ricalcolo percorso”.
La linea laterale è fatta
col gesso del cancellino scolastico, steso da un bambino col moccio. Il VAR è
un arbitro miope che ha visto qualcosa in area di rigore, ma nove volte su
dieci non è quella giusta.
Al posto di Diletta
Leotta a bordo campo, troverete la bibitara di Pizzighettone con i fuseaux
maculati, la voce roca e la sigaretta accesa, che fa anche da fotografa e da
addetta stampa.
I seggiolini ci sono.
Solo che sono pieghevoli. E già occupati da gatti.
La formazione la
leggerete su un foglio A4 attaccato con lo scotch da pacchi all’ingresso,
oppure ve la declamerà lo speaker, sbagliando almeno dodici cognomi su undici.
La diretta non ve la faranno Caressa e Bergomi: ve la farà in telecronaca Ciccio Fringuelli, che nella vita monta condizionatori, e Giangino Brembilla, commento tecnico, che nella vita è personaggio di spicco a Gorgonzola.
Non c’è glamour. Non c’è
gloria. Ma ci sarete voi. E se ci sarete ancora, allora vuol dire che siete
proprio fottuti.
Nel 2005 ci siamo stati.
Abbiamo visto la
Sangiovannese diventare il Liverpool.
La partita si giocava in
un campo che in comune risultava ancora come “area agricola destinata a
foraggio misto.”
Abbiamo fatto trasferte
in paesi dove l’unico bar faceva tutto, dalle piadine al cambio d’olio per le
auto. Ma eravamo sempre lì, perché mollare sarebbe stato ancora più faticoso.
Abbiamo gioito per un gol contro la Salernitana segnato da tale Dante López —
un calciatore a metà tra una marca di olio e un attore comico — di testa, a
porta vuota, come se avesse segnato Mbappé in rovesciata al 93’ in finale di
Champions.
Solo che era Serie C, in
un playoff di ritorno ma ci esaltava lo stesso.
E adesso tocca a voi. E
tra un po’ scenderete anche voi, dentro. Nella parte del tifo che se vinci ti
abbracci da solo e se perdi non se ne accorge nessuno.
Dove la punta del Renate
ha il 10 sulla schiena e lavora in ferramenta per tutto il resto della
settimana.
O il portiere del
Pontedera, famoso nel suo quartiere perché gioca con una tuta della Juventus
anni ’90. Per scaramanzia, dice.
La partita non vi
intrattiene. Vi tiene lì. Perché non potete andare altrove. Che è molto peggio.
E comunque, non sarà
tutto male.
Troverete la Dinamo
Gubbio, l’Atletico Pontedera, lo United Clodiense che vi farà pensare ai fasti
del passato.
Non più tornelli di San
Siro, ma tortelli alla zucca di Nonna Gina a Legnago.
Potrete gemellarvi con la
Arcobalenese di Viareggio, scambiarvi le maglie giocando a “ce l’ho, manca” con
i colori, con la Pro Patria, la Pianese, e magari finirete pure l’album Panini
trovando la vostra figurina unica: quella della squadra in posa plastica divisa
a metà con l’Alcione Milano. E rimpiangerete persino Bolzano–Bozen, che vi
sembrerà una metropoli cinese quando giocherete a Chiusa, dove il campo è a
lato di un maso e la tribuna ospiti è condivisa con un mercatino
dell’antiquariato.
Il problema è che vi
piacerà. Non subito. Prima bestemmierete, vi lamenterete, direte che “non è
calcio.” Poi segnerete magari al novantesimo contro il Pineto e urlerete come
se aveste battuto il Manchester City. Avrete perso tutto, tranne l’unica cosa
che conta: il motivo per cui ci siete ancora.
Quando siamo tornati su,
nel 2006, non c’era festa. Sudati, stanchi, ancora incazzati. Ma con un’idea
chiara: se ci siamo rimasti anche lì, possiamo stare ovunque.
Perché la C, in fondo, è
questo: il posto dove il calcio ti odia, ma tu lo ami lo stesso.
Quando tornerete su,
perché succede,
non sarete migliori.
Non sarete peggiori.
Sarete quelli che hanno
visto tutto: il paradiso, il purgatorio, e ora l’inferno.
E che, nonostante tutto,
sono rimasti.
Nelle gioie e nei dolori,
in ricchezza e in povertà. A Barcellona come a Pineto.
Al Wembley Stadium e al
Campo Comunale di Fiorenzuola.
E noi saremo lì a dirvi,
sempre che ci troviate, perché anche da noi funziona che oggi ci sei domani
chissà: “Bentornati dall’inferno. L’avete visto anche voi, laggiù, com’è.
Probabilmente non lo
sapevate.
Ma ora lo sapete e alla
fine… avete visto? Siete ancora vivi.”
That’s it, anzi that’s
football
-------------------------------------------------------------------------------
L'amico Gianni, 76 anni, si è "arrampicato" sul Forte Diamante per il Grifone!---------------------------------------------------------------------------------



Nessun commento:
Posta un commento