È stato l’anno del doveva essere che non è stato, l’anno del rimando che poi non si è fatto, l’anno dell’attesa che poi si è spersa, dissolta in quell’aria già così contaminata.
“Ci rivediamo tra poco”, ci siamo
detti mille volte, “per ripartire da dove si è interrotto…” ma il tempo, che
ahimè non è per niente un gentiluomo, è andato avanti imperterrito, fagocitando
giorni annoiati e interminabili.
E finalmente arriva quel momento in
cui, dopo mesi di chiusura, ti riaffacci timidamente alla vita e torni al campo.
Te lo ricordi arido e polveroso, invece c’è l’erba, bella fitta e rigogliosa.
Ti guardi intorno, gironzoli come facevi da bambino quando, dopo giorni di
vacanze, tornavi nella tua casa di città tra le tue cose. Ti riprendi i tuoi
spazi, i tuoi amici, le tue abitudini, tranne il tempo che è volato via.
E poi ti imbatti in un gruppetto di ragazzetti, che si stringono in barba alle regole, li noti perché si scrutano come per ritrovarsi, per riconoscersi. E poi ti accorgi che c’è qualcosa di familiare, strizzi gli occhi per mettere a fuoco… eh già, sono proprio i tuoi bimbetti o quel che ne rimane, solo nei tuoi ricordi.
Quindi si ripartirà, ma non da dove
si è interrotto perché in mezzo si sono infilati centimetri, muscoli e peluria.
Si riparte dai salti di categoria per chi è costretto a lasciare un vecchio,
che non sembra poi così vecchio, per il nuovo che forse quest’anno fa più
paura. Sarà diverso persino il campo e forse saremo ancora costretti a
rispettare regole e restrizioni, ma c’è una cosa che non cambierà mai: un
pallone ovale che t’ingannerà sempre nel ribalzo, ma che se passi non cambierà
mai direzione. (Loretta D’Amico)
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