mercoledì 14 aprile 2021

SOCIALE - Un breve scritto dell'autore Pino Gorziglia.

 

YURI GAGARIN – 12 APRILE 1961

Come ogni sera alle 19.30 siamo a tavola già da mezz'ora. A casa mia si cena alle sette e un quarto, soprattutto quando, il giorno seguente, mio padre inizia il turno all’Ansaldo la mattina alle sei. Alla mezza in punto l'inconfondibile sigla di “Radiosera", giornale radio dell'epoca, invade la cucina. Le ultime luci di una giornata primaverile trafiggono gli spifferi delle imposte. Annoiato e distratto da quegli ingessati notiziari, aspetto solo l'appendice del programma che gracchia dal vetusto apparecchio a manopola, la parte dedicata allo sport. Ma stasera anche la democristianissima Rai paludata non può esimersi dal mettere nei titoli di testa la notizia che sta facendo il giro del mondo. Yuri Gagarin è stato il primo astronauta a volare nello Spazio con la navicella spaziale Vostok 1, restandovi per quasi due ore. La guerra per la conquista del cosmo tra i novelli Icaro del XX Secolo aveva già visto il successo dei Sovietici con lo Sputnik della cagnetta Laika quattro anni prima. Alla Casa del Popolo di Pegli, quella proprio di fronte alla civettuola stazione ferroviaria, si festeggia come neanche alla conquista di uno Scudetto da una delle squadre genovesi. Siamo in piena guerra fredda, anche se i due Giovanni (Ventitreesimo e F.Kennedy, cfr. Francesco Guccini) e il russo Nikita Kruscev sembrano far intravedere spiragli di dialogo, e così la mezza Italia delle bandiere rosse e delle “Settembrate" festeggia per il gol segnato dall'Orso Sovietico nella partita dello spazio. E' una guerra quella tra i due colossi padroni del mondo che vedrà il suo apice con lo sbarco sulla Luna di Neil Armstrong nell'estate del 1967, ma che successivamente andrà a spegnersi tra i tanti astri dell'immaginario collettivo mondiale. Ma oggi no: la mezza Italia “rossa” vede nel successo dei Russi, il riscatto contro “I Padroni” che, sotto la maschera del perbenismo cattolico scudocrociato, continuano a dominare l'Italia dello sgangherato dopoguerra del “Miracolo Italiano”. Questa moltitudine che si aggrega nelle fabbriche nelle Feste dell'Unità, coagulata da un Sindacato Rosso e dal “Partito”, ignora o finge di ignorare la dura realtà del Regime d'Oltrecortina, un coperchio che qualche apertura di Kruscev ha appena sollevato dalla pentola staliniana. E' la rivincita contro i soprusi di qualche capofficina (servo dei capitalisti) o contro le speranze di tanti contadini del Sud o del Basso Piemonte attirati dall'industria del Triangolo Industriale, frustrate dalla dura realtà della “vita agra” delle città. Un popolo che, ad ogni elezione dal 1948 in poi, aveva sognato il sorpasso sull'odiata Balena Bianca, e che ad ogni occasione, dopo che un messaggero in Vespa aveva portato in Sezione le vittorie schiaccianti di Crevari e Fabbriche, aveva visto la sera uccise le proprie ambizioni dai risultati nazionali diffusi, con malcelata soddisfazione, dagli speakers in grisaglia dei telegiornali nazionali. Nell'estate del 1961, con una compagnia di bambini frequentavo, a Pegli, la spiaggia libera confinante con i Bagni Lido e Castelluccio, oggi purtroppo scomparsa. Berto, un anziano che frequentava la spiaggia tutti i giorni come dimostrava la sua pelle bruciata dal sole invitò noi, tre bambini, a vedere da vicino, con la sua barca, la mitica “Pria Pulla”, quello scoglio oggi soffocato dalla diga del porto di Prà. Io ero l'unico dei tre che non sapeva nuotare, ma, pur con molta esitazione, accettai per non essere deriso dai compagni. Quando fummo a vista di quel piccolo isolotto che i più esperti ergevano a trampolino, vidi svettare una bandiera rosso con in alto a sinistra il simbolo della falce e martello: qualcuno aveva vergato con la vernice rossa una scritta indelebile: “W GAGARIN!”.

 Pino Gorziglia

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