IL RICORDO
DI TANTI GIOCATORI CHE HANNO VESTITO LA MAGLIA DELLE ZEBRE COME CLUB AD INVITI,
SIA COME COMPAGNI O COME GIOCATORI ALLENATI DA BOLLESAN
Racconta
così al Museo del Rugby la
nascita delle Zebre Manrico Marchetto, in campo
nel primo match delle Zebre storiche: “Il 24 ottobre 1973 a Milano un gruppo di
amici decise di dar vita alla prima selezione ad invito d’Italia per affrontare
al meglio la sfida con la squadra di Randwick (Sydney, AUSTRALIA). L’ideatore e
selezionatore, il mio amico Marco Bollesan, non sapendo come chiamarla decise
di sfruttare i colori della maglia a strisce orizzontali bianche e nere
battezzandola Zebre. Nonostante le presenze dei fortissimi stranieri Babrow,
Nurse, Greenwood e Murphy e degli italiani Mazzucchelli, Bona, Salsi e lo
stesso Bollesan la partita finì 50 a 21 per il Randwick”.
Fabrizio Gaetaniello (11 caps con le Zebre) :”Ho conosciuto Marco da giocatore, nelle mie prime convocazioni in nazionale era il mio capitano e punto di riferimento. Bollesan è stato il personaggio più rappresentativo; rimarrà nella storia del nostro rugby. Anche quando il rugby non aveva grande visibilità mediatica Bollesan era l’icona del nostro sport, un’immagine fatta sul campo e non con altri canali come quelli moderni che possono renderti particolarmente popolare. Era un grande leader e sono molto dispiaciuto per la sua perdita. In quegli anni ’70 le prime mitiche bellissime partite per noi giovani erano quelle dei Barbarians che giocavano con la maglia a righe bianconera. Renato Tullio Ferrari, Pierluigi Fadda e Marco Bollesan -i tre fondatori delle Zebre- presero lo stesso spirito per le Zebre che noi in campo abbiamo sempre cercato di rappresentare. Loro tre hanno fatto davvero il massimo per dare al primo club ad inviti italiano il maggior lustro possibile. Non mancavano mai tra le fila delle Zebre anche personaggi importanti del rugby internazionale a dare risalto a queste gare. Giocare coi migliori giocatori europei dell’allora Cinque Nazioni che venivano invitati ci ha dato modo di crescere. Nella mia ultima partita ho avuto anche l’onore di capitanare anche la selezione ad inviti delle Zebre”.
Antonio Spagnoli (12 caps con le Zebre):”La foto di Marco in campo con la retina in testa rispecchia appieno il grande giocatore e compagno che è stato. Ho visto tante volte Bollesan giocare coi punti messi alle ferite a bordo campo poco prima. Ti trascinava a superare ogni limite per raggiungere degli obiettivi. Ti metteva quella carica che ti faceva superare i tuoi limiti; nello sport come poi nella vita e nel lavoro. Era un trascinatore e mi è stato molto molto vicino anche dopo la nostra carriera ovale. Bollesan è stato un uomo vero che non ti abbandonava mai. Aveva difetti di carattere ma era una persona buonissima che non lasciava mai nessuno solo. Ho tanti ricordi di Marco, anche dopo i miei 30 anni molti club mi cercavano e io gli chiesi il perché, lui mi disse “Tu sei uno che fa spogliatoio e da alle persone quello che io ho cercato di dare per anni”. Ci ha fatto capire che nella vita per raggiungere obiettivi devi buttare il cuore oltre l’ostacolo, così siamo riusciti a fare strada anche nella vita. Un altro leader che ci ha regali questi importanti insegnamenti sarà molto difficile da trovare in futuro, soprattutto come uomo fuori dal campo”.
Sabatino
Pace (2 caps con le Zebre) :”Ho solo
ricordi belli di Bollesan; quando lui era vicino a smettere di giocare io
cominciavo, Abbiamo giocato contro io con L’Aquila e lui col Brescia e fu
proprio Marco a convocarmi in nazionale. Abbiamo giocato anche a Parma con le
Zebre, battendo i gallesi del Newport allo stadio Tardini. Una persona bella;
uomo schietto e duro ma quello che diceva era sempre costruttivo per il
rugby. Le Zebre sono sempre state un ambiente famigliare costruito dai
migliori giocatori italiani convocati da lui. In campo si sentiva la sua
presenza: uomo carismatico che teneva banco intrattenendo e tenendo ottimi
rapporti umani con le persone. In nazionale infatti grazie a lui mi ero trovato
subito come in famiglia. Bollesan è stato come un padre per noi rugbisti di una
generazione più giovane”.
Serafino
Ghizzoni (16 caps con le Zebre) :”Appena
apriva bocca ti accorgevi che Marco era speciale: la sua esperienza, vitalità e
originalità ti colpivano. Ricordo con piacere gli anni con le Zebre,
soprattutto le prime sfide a Milano dove lui e la sua compagnia erano di casa.
E’ stata un’esperienza bellissima: ti rendevi conto di quanto lui fosse capace
e fosse un leader, di un grande livello che poi ha dimostrato nella sua
carriera. Avversario, compagno, allenatore tutte versioni di Bollesan che ho
avuto il piacere di condividere nella mia carriera. La carica che ti
trasmetteva prima delle partite era incredibile: le viveva sempre in prima
persona, anche nella sua veste di allenatore”.
Stefano
Romagnoli (9 caps con le Zebre) :“Marco
Bollesan è stato un personaggio carismatico ed un riferimento per tante
generazioni di rugbisti. La sua maniera d’interpretare il rugby basato sul
coraggio e la passione era il suo credo che ha dimostrato in campo e anche
nella vita. Ha messo queste sue competenze al servizio della nazionale prima
come capitano e poi come head coach nel primo mondiale del 1987”.
“Insieme abbiamo vissuto alcune gare con le
Zebre. In quel periodo la squadra era una rappresentativa a convocazione,
Bollesan sceglieva sia i giocatori migliori del campionato italiano ai quali
affiancava giovani da promuovere per queste gare internazionali. Nella sua
visione futuristica le Zebre erano già una squadra fondamentale che operava
nella crescita e nella formazione dei giovani. Ragazzi che potevano sendere in
campo insieme a giocatori maturi per fare un’esperienza altamente
formativa. La cosa più bella di Marco erano i suoi momenti in cui si
concedeva davanti a qualche bicchiere a fine partita: ci raccontava le sue
storie vissute nei borghi di Genova o nelle partite che aveva giocato. Era
sicuramente un guerriero e ci mancherà tanto!”.
Fabrizio
Sintich (6 caps con le Zebre) :”Quando sono
tornato dall’Africa per proseguire i miei studi sono arrivato a Genova ed ho
giocato al Cus, Bollesan era li ed era una bandiera. Marco è sempre stato un
amico di famiglia per me. Ho fatto alcune gare con lui nelle Zebre: ne ricordo
in particolare una giocata contro la Steaua Bucarest che all’epoca era praticamente
la nazionale rumena. Mi rimase impresso che le Zebre erano formate dai migliori
italiani e stranieri mentre io ero un ragazzino di 18 anni solamente. Appena
gli avversari mi hanno visto mi hanno preso di mira per tutta la partita:
Bollesan ed altri senatori mi hanno difeso ad ogni azione. Le Zebre all’epoca
erano una squadra dove si respirava voglia di partecipare e difendere una
maglia a cui, nonostante fosse una selezione, tutti tenevano come il proprio
club. Questo era il credo che ci ha trasmesso Bollesan e che servirebbe ancora
tanto oggi anche tra i professionisti. Ai nostri tempi la maglia era tutto
quello per cui giocavi. Marco è stato l’incarnazione del guerriero, del leader,
del lottatore! Una persona tra le più carismatiche del panorama rugbistico
italiano che ha dato valore al gioco di squadra ed al senso di fiducia verso i
compagni, che venivano tutti da club diversi”.
In quei 24
anni di attività bianconera, l’ex n° 8 nato a Chioggia ma cresciuto nel Cus Genova ha
disputato 22 dei 25 incontri organizzati contro i più prestigiosi club
internazionali. Il due volte campione d’Italia con la maglia della Partenope
Rugby e del Rugby Brescia ha anche
guidato la storica selezione delle Zebre da allenatore in occasione della
memorabile vittoria di Brescia del giugno 1997 contro i Barbarians.
LA CARRIERA
IN AZZURRO DI BOLLESAN ED IL RICORDO DEL PRESIDENTE FEDERALE MARZIO INNOCENTI,
6 CAPS CON LE ZEBRE
Esordito con
l’Italia il 14 aprile 1963 a Grenoble contro la Francia
nel match dove capitano era il parmigiano Sergio Lanfranchi,
il 47 volte
Azzurro ha anche ricoperto i ruoli di capitano della
Nazionale Italiana (34 gare ufficiali),
commissario tecnico tra il 1985 ed il 1988 prendendo parte alla prima edizione
della Rugby World Cup nel 1987 e team manager tra il 2002 ed il 2008,
partecipando ai due Mondiali del 2003 in Australia e del 2007 in Francia e
Regno Unito.
Ritiratosi
dal rugby giocato nel 1981 dopo aver onorato negli ultimi anni della sua
carriera la maglia del CUS Milano e dell’Amatori
Rugby Milano, Bollesan è stato così ricordato dal presidente
della FIR Marzio Innocenti, anch’egli in campo con le Zebre
storiche in sei occasioni: “Per i rugbisti della mia generazione, per
chiunque abbia praticato lo sport tra gli Anni ’60 e gli Anni ’80, ma anche per
chi è venuto dopo Marco Bollesan è stato un esempio, l’epitome del rugbista
coraggioso, il simbolo di un Gioco dove fango, sudore e sangue rappresentavano
i migliori titoli onorifici. Ha contribuito a far conoscere il rugby nel nostro
Paese ben prima della rivoluzione professionistica del 1996, incarnando lo
spirito del rugby italiano per oltre due decenni e rivestendo anche negli anni
successivi al suo ritiro dal campo una serie di ruoli strategici per la
Federazione. Gli saremo eternamente grati per il suo straordinario contributo
ed io, in particolare, porterò sempre nel cuore i suoi insegnamenti e l’onore
che mi riconobbe assegnandomi, da Commissario Tecnico, i gradi di capitano
della Nazionale durante la sua gestione. Siamo vicini alle figlie Miride e
Marella ed a tutta la sua famiglia. Il rugby italiano ha perso uno dei suoi
figli prediletti”.
Premiato con
la Medaglia di
bronzo al valore atletico nel 1966 e con la Palma d’oro
al merito tecnico nel 2004, Marco Bollesan è stato
inserito nel 2015 nella Walk of Fame dello sport italiano,
la speciale galleria di sportivi italiani distintisi in ambito internazionale.
Ad oggi, è l’unico rugbista a fregiarsi di questo titolo del CONI così
prestigioso. (LeonardoMussini)
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