Massimo Mango, 28 anni di rugby e non sentirli
Proseguono i racconti delle nuove routine vissute
dalle persone dei Cavalieri Union Rugby.
Massimo Mango, allenatore della squadra under 14,
impegnato nel doppio ruolo di giocatore – allenatore anche con la cadetta è sul
campo da rugby ininterrottamente dal 1992. Sempre con la stessa passione e
disponibilità. Se non è un record, poco ci manca.
Ciao
Massimo, in cosa consiste il tuo lavoro? Come hai trascorso questi due mesi che
ti hanno separato dalla normalità del tuo vivere?
Sono un tecnico informatico e lavoro per gli enti
pubblici della Val di Bisenzio. Per aiutare i colleghi a fare il telelavoro ho
dovuto trovare delle soluzioni per rendere strutturata una situazione che di
fatto non aveva precedenti.
Dall’inizio della quarantena ho sempre continuato a
svolgere il mio ruolo in loco per sostenere il regolare flusso di attività
degli uffici. Poi una grande fetta del mio tempo era occupata dal rugby e come
tutti i miei amici ho dovuto cambiare bruscamente le abitudini. Qualcosa ancora
va avanti, ma in forma adattata. Siamo riusciti a offrire degli spunti di
allenamento in video al gruppo dei ragazzi under 14 e progettiamo di suggerire
esercizi sempre più articolati da fare all’aperto qualora le restrizioni governative
diminuissero. Con il gruppo della cadetta invece i contatti sono rimasti su un
tono diverso, visto che i giocatori adulti sono più autonomi abbiamo preferito
mantenere un contatto più improntato alla socialità. Anche in questo caso
cercheremo di proporre delle attività più elaborate solo se si presenteranno le
condizioni.
Da
professionista dell’informatica hai un occhio privilegiato sulla trasformazione
digitale in atto. Qual è la barriera che impedisce al rugby extra campo di
essere più efficace su canali ancora poco utilizzati?
Dal mio punto di vista riscontro ancora una
reticenza ad aprire i gruppi di lavoro. Gli accorgimenti tecnici in forma
digitale sono stati adottati dalla FIR così come dal CRT, ma continua ad
esserci un’atmosfera per cui sembra che ognuno voglia mantenere nascosti i
propri segreti. Invece penso che condividere le proprie conoscenze sia un
requisito fondamentale da un lato per migliorare il settore degli allenatori
dall’altro per migliorare quello dei dirigenti o degli arbitri. Molte
iniziative si sono susseguite, se possibile spero che oltre alla fase di
adeguamento informatico ci possa essere in parallelo una adeguata comunicazione
di esse.
La
stagione dell’under 14 e della cadetta si è interrotta proprio nel momento a te
più congeniale. Ci spieghi perché?
Perché nella seconda fase del calendario under 14
regionale ci confrontiamo con tutte quelle squadre che non abbiamo incontrato
prima. Come allenatore sono contento di questo. Ritengo che il cambio di
avversari sia un modo per rendere gli allenamenti e le partite più stimolanti.
Lo stesso concetto vale per la squadra cadetta che nel girone di ritorno del
campionato di C1 elite poteva verificare il livello dei suoi progressi andando
a sfidare tutte le squadre affrontate fra alti e bassi nel girone di andata.
Massimo,
sono quasi 30 anni che indossi scarpini e paradenti. Ci racconti i passi più
significativi della tua carriera?
Ho iniziato a giocare a 12 anni con il Prof. Valter
Nutini che per primo mi coinvolse nel gruppo sportivo della scuola. Oggi ho 40
anni e vado verso i 41, dunque a conti fatti sono 28 anni di rugby
ininterrotto. Dal primo tesseramento non ho mai saltato una stagione
agonistica. Non so se è un record, ma sicuramente è una soddisfazione. Le
giovanili le ho fatte con il Rugby Iolo che era collegato all’ente scolastico
di cui facevo parte. In giovanile ricordo anche una parentesi di un anno con il
Rugby Prato. Dopo aver svolto il regolare percorso delle under si è presentata
l’opportunità di giocare il primo anno fra i seniores a Sesto Fiorentino. Lì ho
trovato un bel gruppo, mi sono integrato e sono rimasto sempre con i colori
rosso blù fino a quando la squadra non si è unita con la cadetta dei Cavalieri
Prato in quello che fu il primo anno ufficiale dell’Unione Rugby Prato Sesto.
Ho avuto la fortuna di giocare in tutti e tre i campionati in cui è transitata
l’Unione, dalla C1 elite, passando alla B fino ad arrivare alla serie A. E’
stata davvero una bella progressione. Oggi, fra l’età anagrafica e l’inizio
dell’attività da allenatore, ho dovuto allentare i ritmi cercando di
privilegiare il trasferimento delle esperienze vissute sul campo ai ragazzi
delle giovanili. In ogni caso il prossimo sarà il mio ultimo anno di attività
agonistica.
Siamo
anche al decimo anno di attività congiunta fra Prato e Sesto. Un piccolo
bilancio?
La società ha fatto passi avanti e l’evoluzione
maggiore sta nella filiera. A fronte di un primo ciclo sportivo più centrato
sulle squadre seniores, oggi siamo capaci di crescere con maggiore efficienza i
nostri talenti, dalle giovanili ai seniores. Si tratta di una evoluzione
positiva perchè consente di guardare al futuro con ottimismo. Penso che se le
unioni di intenti fra Prato e Sesto continueranno nel tempo, potremo puntare
ad una squadra di alto livello che possa rappresentare il territorio
anche al di sopra della serie A.
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