RUGBY ROMA, CASTRO, SARA E UN TEAM BUILDING SPECIALE
Martin
Castrogiovanni con il suo staff del camp tiene a Tor Pagnotta per una lezione
ai coach della multinazionale Mentally Fit. E con lui anche la leggenda Sara
Barattin: “Qui una struttura ideale per far sentire a casa le famiglie”
“Cosa possiamo imparare dal rugby?”. E’ con questa domanda che il
gruppo dei capo area globali di coach e squadre della multinazionale
belga Mentally Fit, guidati
dal Ceo, Alain Goudsmet, si
sono presentati sui campi della Rugby
Roma per affidarsi a un’altra squadra d’eccezione, guidata da Martin Castrogiovanni. Il leggendario
pilone azzurro (119 caps), con lo staff della sua Castro Academy, è infatti da anni al fianco delle aziende che si
affidano al rugby, sport di squadra per eccellenza, per far comprendere da un
altro punto di vista ai proprio dipendenti e collaboratori lo spirito e le
modalità attraverso le quali si costruisce un migliore lavoro di gruppo.
Mentally Fit Institute nasce dal mondo dello sport e offre il suo contributo
per lo sviluppo della prestazione umana in una moltitudine di discipline
attraverso le sue 4 diverse business unit (sport, aziendale, accademico,
artistico) attraverso team coaching, coaching individuali, workshop, corsi di
formazione, conferenze.
Al centro dei programmi ci sono team coaching, gestione dell'energia,
dinamiche di squadra, cambiamento, atteggiamento dell'allenatore, talento.
Creato nel 1996 da Alain Goudsmet, il Mentally Fit Institute riunisce
scienziati, allenatori, esperti europei, sportivi e sportive, con una passione
comune: gli esseri umani e lo sviluppo del loro potenziale, individualmente e
collettivamente. “Il rugby, al di là del suo gameplay emozionante, fornisce
preziose lezioni sul lavoro di squadra. Al centro - dicono da Mentally
Fit spiegando le motivazioni della giornata dedicata al rugby - c'è
l'essenza del supporto incondizionato per i tuoi compagni di squadra, una
filosofia che abbracciamo con tutto il cuore. Il successo è un lavoro di
squadra. Si tratta di assicurarsi che i compagni di squadra siano nella
posizione perfetta per segnare, l'uno sempre al fianco dell’altro”.
Un’esperienza che deve valere “come un promemoria: nella vita, come nel
rugby, siamo una squadra unita, pronta a sollevarci l'un l'altro verso nuove
vette”. Ma se a guidare il gruppo alla lezione sul campo da rugby c’è una
leggenda come Castrogiovanni (119 caps in azzurro), allora cambia anche la
prospettiva di quelli che in Mentally Fit sarebbero essi stessi dei coach.
Perché se a spiegarti come si sostiene il compagno dopo un passaggio, come ci
si deve disporre per migliorare la trasmissione del pallone, come si mantiene
una linea di difesa e di attacco unita, come si tocca e riceve l’ovale, c’è
Castro, uno che ha lasciato un segno indelebile sui campi di Inghilterra e Francia, sicuramente la lezione
diventa anche affascinante. Non capita tutti i giorni. Che poi quando i coach
dell’azienda se lo ritrovano davanti, si accorgono anche del sorprendente
carattere dell’omone, che fa e ha sempre fatto di un innato talento
comunicativo un suo elemento di forza.
Ma se Castrogiovanni è un’icona, e anche di casa alla Rugby Roma, con la
moglie Daniela, che da
bordo campo tira le fila dell’organizzazione della giornata, in campo scorgiamo
anche un’altra leggenda azzurra: è Sara
Barattin, 116 caps con la Nazionale
femminile, la nostra più grande giocatrice di tutti i tempi. “Castro?
Lo conoscevo poco, ma ora lavorandoci assieme molto di più. E’ davvero un
ragazzo buono, ci tiene da morire a queste iniziative perché ama condividere e
trasmettere quei valori che il rugby gli ha insegnato”. Sara Barattin
a Tor Pagnotta non
aveva mai messo piede prima: “Conoscevo la Rugby Roma al Tre Fontane, ci
giocavamo anche con la Nazionale, ma ritrovarmi in questa bellissima struttura
è stato totalmente inaspettato”. Sara, che ha lasciato la Nazionale ma
gioca ancora in Serie A Elite con
il Villorba, conosce molto
bene la realtà dei club del suo Veneto,
dove l’aspetto della convivialità è alla base: “Qui vedo che è stato fatto
davvero un buon lavoro, vedo la piscina, i campi da padel. Perché la chiave è
investire non solo sul rugby, ma aggiungere altri sport e altre attività per
permettere a chi frequenta il campo, che siano i ragazzini o le loro famiglie,
di viverlo appieno e sentirsi sempre a casa”. Gli spieghiamo che da
quest’anno la Rugby Roma ha dato una spinta al programma femminile, affidato
a Eva Belisario. Qualche
consiglio da offrire? “Innanzi tutto, so bene che è un settore molto
difficile. La cosa fondamentale è creare un bel clima e poi affidarsi, oggi
come accadeva anni fa, al passaparola. Se una ragazza viene e si trova bene, è
facile che inviti una sua a mica e le famiglie. Perché, come in campo, il rugby
anche fuori ha bisogno di collaborazione, di gioco di squadra. Ah, quasi
dimenticavo: venite a giocare a rugby anche perché è divertente. Sennò mica
starei ancora lì in campo…”.
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