Arriva
un invito, un incontro con un fotografo dei fronti di guerra, tramite un
“ponte” creato dall’amico Lucio Zaltron tra la nostra società Rangers Rugby
Vicenza e lo Studio DNA di
Rebellato e Libondi. In realtà l’iniziativa promossa da DNA è
targata Associazione Culturale 11
Settembre, l’oggetto sono effettivamente fotografie, per la maggior
parte della guerra in Siria, terribili, ma a rendere tutto veramente
impressionante sono i commenti dell’autrice, la fotografa Andreja Restek.
Lei è una persona
minuta, abita a Torino, una famiglia internazionale, ma una vita da persona
comune quando è in Italia. Solo qui però, perché il suo lavoro, la sua passione
o forse meglio la sua missione sono le foto scattate sui fronti di guerra.
I suoi commenti non
sono un racconto, sono come le fotografie, immagini crude, realistiche, ma
incomprensibili per gran parte di noi. Ogni tanto si sofferma su una foto
proiettata e ti fa vedere un particolare, quello che voleva dire effettivamente
con quello scatto, e così scopri che quel vasetto sul tavolo di cucina tra un
mestolo e una tazzina è una bomba con la miccia, non un vaso di fiori, che quel
tipo un po’ guascone seduto su una sedia sgangherata, mitra in mano, su una via
bombardata di Aleppo, ha in realtà al suo fianco una granata inesplosa, che le due
bambine che si stringono tra loro con la disperazione sul viso e un sacchetto
tra le mani non sono il soggetto principale della foto, quello è il sacchetto
di plastica, perché è tutto quanto è rimasto loro, di famiglia, casa, affetti
non c’è più nulla. Solo un sacchetto con una bottiglia di Coca da stringere al
petto.
Nella sala del chiostro
di San Lorenzo nessuno parla, tutti guardano ma per lo più ascoltano. Lei ti
racconta di come il confine si passa da clandestini, perché se hai un visto del
governo “gli altri” ti ammazzano, ti racconta di quando, dove lei si era fatta
accompagnare, sono arrivate all’improvviso le auto del l’Isis, di corsa e
sollevando un polverone girandole attorno. Un carceriere che la faceva alzare e
sedere, alzare e sedere e così per dieci interminabili minuti, ma dovevano
ammazzare un personaggio famoso, non una fotografa, e se ne sono andati. Quando
invece cercavano proprio lei che aveva parlato male al cellulare dei ribelli, o
dei non ribelli che la differenza è poca, come nei film di spie era arrivata
non si sa come una telefonata di preavviso di un collega olandese, via di
corsa, lasciando tutto, riparata in Turchia e ancora una volta salva.
(Leopoldo Carta, VicePresidente Rangers Rugby Vicenza)
Poi di nuovo in Italia,
a mangiare tanto, per ingrassare, perché quando si fa l’inviato di guerra
magari stai cinque giorni senza toccare cibo, e se sei donna prima di offrirti
qualcosa lo strusciano sul pavimento, sulla polvere, per vedere se ti ribelli o
se dimostri coraggio e mangi lo stesso. In Bosnia invece al seguito di profughi
Siriani su tre biscotti in cinque uno lo avevano dato a lei.
La foto più
incredibile, una bambina con in mano uno spruzzino, puliva per terra. Il sangue
puliva, perché era la figlia del dottore che operava in una stamberga. E lei
puliva il sangue lasciato sul pavimento mentre trascinavano dentro il ferito.
Adesso, dice, quella bambina non c’è più , nemmeno il fratellino e il papà
dottore, perché là gli ospedali li bombardano. Anche se sono stamberghe.
La prima domanda alla
fine delle proiezioni è: ma chi te lo fa fare di andare in posti simili, non
può essere una questione economica, nulla paga tutto questo. Poi hai una
famiglia, un marito, figli, ma perché? Ho risposto io: perché altrimenti non
vedevamo nulla di tutto questo, non sentivamo questi racconti illustrati come
fossero fatti di vita, senza tante emozioni, perché quella era la realtà
raccontata come scattare una foto. E non solo per noi, ma per tutti quelli come
noi che avessero avuto la fortuna di assistere ad un incontro come questo
organizzato da UNDICI09, che non è una data a caso.
Il legame con il rugby?
Quando attraversi la strada ti insegnano subito che devi farlo in due, perché
così hai il doppio di possibilità che uno arrivi. Lei aveva attraversato con un
americano, un rugbysta, così in breve era rimasta sola perché lui correva molto
più veloce. E l’aveva fotografato!
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