Questa
settimana, nel consueto appuntamento con la rubrica “A tu x tu col Crc”, spazio
all’intervista con Stefano Bruschi, ex giocatore del Crc, allenatore delle
under biancorosse, arbitro serie C, giudice di linea in serie B.
Quando hai visto per la prima volta la palla ovale del rugby cosa hai
pensato?
“Fin da
piccolo, prima degli anni 80’, vedevo i programmi sportivi televisivi. Da
quando sono arrivato in città ho iniziato a giocare a calcio ma quando ho
scoperto il rugby ho mollato tutto e ho scelto questo sport, andando
direttamente con l’Under 19, allora il Civitavecchia Rugby”.
Raccontaci la tua storia di giocatore, allenatore, arbitro e giudice di
linea.
“Ho iniziato
nell’83’ e contemporaneamente in C1 col Civitavecchia Rugby. Poi sono stato
fermo, ho fatto un campionato universitario col Cus Roma. Successivamente con
la rinascita del rugby col Crc ho ricominciato a giocare. Nel frattempo sono
diventato arbitro, mentre la carriera rugbistica l’ho terminata 11 anni fa. Poi
ho dato una mano a Felice Raponi nell’allenare l’Under 18 nel 2011, poi ancora 4
anni fa una femminile nel seven, quest’anno invece l’under 13 ma sono stato
costretto a lasciare per motivi di lavoro”.
Cosa significa essere giocatore, allenatore, arbitro, giudice di linea di
rugby?
“La
completezza assoluta nel rugby, vivi tutte le fasi dello sport. Come giocatore
ti diverti, ma ci riesci anche nelle altre vesti, come ad esempio insegnare ai
ragazzi”.
Avendo allenato molti giovani del CRC, cosa vedi in questi atleti, ci sono
ragazzi di particolare talento?
“Il rugby in
città è sempre stato a buon livello, ci sono ottimi ragazzi. Come gioco sono
bravi, non da meno di altri giovanili più radicate”.
Quando alleni i giovani rugbisti noto che spesso oltre che insegnare la
tecnica spieghi loro le regole del gioco corretto. Quale delle due è la parte
più difficile da spiegare?
“Le regole
del gioco, perché sono tante e complesse da far capire. Non è semplice, perché
un conto è la teoria ma la pratica è un’altra cosa. C’è un avversario, ci sono
delle pressioni differenti”.
Il rugby del CRC in questi anni si è particolarmente dedicato ai giovani,
alcuni li hai visti anche salire di età e giocare nella massima serie. Che
sensazione ti ha dato?
“Vedere dei
ragazzi che ho visto crescere e ora giocare in prima squadra, amalgamarsi con
altri giocatori e miscelarsi in modo omogeneo è la cosa più importante”.
Allora il CRC targato 2018-2019 come sta giocando a tuo parere?
“L’ho visto
anche come giudice di linea, secondo me è un caterpillar, una squadra forte
come quest’anno non l’ho mai vista”.
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