A GENOVA, STADIO GIACOMO CARLINI
il 23 marzo 2019 h. 13.30, 18°, sole pieno
INCONTRO di RUGBY OLD
I Cavalieri di San Giorgio R.F.C. – Cinghial
Old Rugby Como
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Visti i progressi e l’amore dimostrati da alcuni Cavalieri nello studio
della lingua latina e delle lettere classiche, si è scelto di ricorrervi per
intitolare alcuni capitoli in cui racchiudere questi brevi cenni sulla partita
disputata sabato. Non me ne vogliano gli altri.
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1. NOMEN OMEN.
Se gli ospiti tra tutte le parole, nomi, locuzioni contenute nel tanto
ricco vocabolario della lingua italiana hanno scelto di chiamarsi Cinghial un
motivo c’è, e ne hanno dato ampia e satisfattiva prova durante tutto l’arco
della partita.
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2. PULSATE ET APERIETUR VOBIS.
Come gli ungolati da cui hanno tratto il nome i Ragazzi di Como hanno
sempre caricato a testa bassa, dritto per dritto, senza mai nemmeno fare finta
di obliquare di qualche perdonabile centimetro. Le mete segnate sono il frutto
di questo modo di condursi cheessi hanno attuato per tutta la partita. Con la
stessa vigoria testarda hanno difeso con successo, sulla linea di meta, molti
attacchi portati dai catafratti arlecchini, restando poi vittime di fragorose
sgroppate dei riposati peltasti.
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3. VEGGIO IL MEGLIO ED AL PEGGIOR M’APPIGLIO.
Non è che non faccio buone “azioni” perché non mi piacciono, è che quelle
cattive mi riescono meglio. Principio a cui alcuni Cavalieri si sono ispirati
occupando a tratti i punti sbagliati del campo o tentando di fermare la carica
degli attaccanti senza stare bassi o perdendo la concentrazione durante le fasi
di sostituzione programmate.
Scesi in campo sotto lo stendardo con la Croce di San Giorgio:
Zucchi – Capitàno (sempre sia lodato), Avanzino, Bagnara, Baldi, Borzone,
Calandri, Cavalleri, Corinni, Crotti, De Pieri, Elies, Farina, Felici, Fusco,
Galiberti, Galliano, Gropplero I, Gropplero II, Juvara, Maggiolo,
Mangiapanello, Micco, Nostro, Parodi, Pontiggia, Provvedi, Saturnino, Torre,
Vassallo, Zech.
Si segnala il rientro da infortunio di Afelix, il ritorno dalle lande
elvetiche di Abaldus ed il battesimo arlecchino di Andrea Farrina, che si è
condotto con disinvolture e senza incertezze.
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Quattro tempi da 15 minuti diretti da Jamal Kamili che dimostra sempre di
più rassicuranti e costanti segnali di crescita.
Il primo tempo:
Cavalieri 2 – Cinghiali 0
con mete di Zech e Galliano.
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Il secondo tempo:
Cavalieri 1 – Cinghiali 1
con meta di Elies.
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Il terzo tempo:
Cavalieri 1 – Cinghiali 1
Con meta di Bagnara.
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Il quarto tempo:
Cavalieri 0 – Cinghiali 1
Le mete degli ospiti sono tutte di Ale10 meglio conosciuto tra i suoi come
“Polo su cunnu che t’accuddau”.
Il quinto tempo:
E’ stata una asperrima battaglia che è sembrata volgere a lungo in un
risultato di sostanziale parità nel consumo di pesto di Prà, di hamburger e di
bistecche di coppa (con le fantasmagoriche salse inventate da quel mago di chef
Roby). Le compagini, acquartierate in club house con vessillazioni sparse
all’aperto grazie alla clemenza climatica, si sono affrontate a viso aperto ed
a bocca piena a lungo e pesantemente. Nello sprint rush finale hanno però
prevalso i Cavalieri grazie anche al fatto che tra le fila comasche era stato
dato asilo ad un vegano (horribile dictu) e, addirittura, mi perdoni il Dio
Bacco per la bestemmia, ad un astemio. Molto apprezzato a fine pasto il liquore
al bergamotto miscelato con liquirizia e l’immancabile limoncino. Sono state
avavnzate proposte di santificare per la estrema disposnibilità il caro Dario
(figlio di Serse nipote di Ciro, cugino di Artaserse e zio di Cambise) e
l’invitto chef Roby i quali, per l’intanto, sono stati insigniti dalla
commissione per le Grandi Onoreficenze del titolo di Cavalieri del Torneo.
A bordo campo, tra i glicini ed il sambuco: Arnulfo II, Francesco Corradi,
il giovane Tommaso Juvara, la Bella Isa, Rocio, la Nicoletta ed il Proteiforme
Chicchi che non ha mai avuto un attimo di sbandamento né un gesto di
disappunto. Sempre presente nelle faccende arlecchine l’Insuperabile Cianni.
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Alle ore 17,00, traballanti ed allegri, i Cavalieri hanno sciolto
l’assemblea venendo restituiti alle cure delle rispettive badanti.
O’mero Stanco
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