Giacomo, ricordo che
alla tua partenza, anche se il motivo del viaggio in Nuova Zelanda è stato il
lavoro, speravi di poter giocare nella patria del rugby. Ci sei riuscito?
Sì, e in un modo veramente singolare. Ero arrivato da una decina di giorni e
dopo essermi sistemato con il lavoro e l’appartamento ho visto che a circa 500
metri da casa si allenava la Judea Rugby Club. Ho scritto a chi gestiva la
pagina Facebook e dopo un giorno (era sabato), sono stato invitato a vedere le
partite del pomeriggio. Il Judea partecipa ad un campionato locale – il Baywide
Premier Men’s – nella Bay of Plenty di Tauranga. Hanno due squadre seniores (in
Italia sarebbero la Prima squadra e la Cadetta), che lì vengono chiamate
rispettivamente Premier e Development. Giocano in successione nello stesso
giorno, nello stesso campo e contro la stessa squadra, e gli atleti possono
giocare nell’una o nell’altra o… per tutte e due, nella stessa giornata.
Arrivo al campo e mi presento al contatto di Facebook, vedo il piccolo centro
sportivo, faccio qualche chiacchiera, e mi accompagnano negli spogliatoi (la
Development stava preparandosi alla partita). Quando stavo per uscire, il mio
contatto mi chiede: “Hai le scarpe?”. La faccio breve, dopo pochi minuti mi
hanno dato una paio di scarpe chiodate, la divisa, e sono entrato in campo per
giocare la mia prima partita in un campionato neozelandese.
E come è andata, qual è il livello
del Judea?
Bene, mi sono divertito, una bellissima esperienza. Non potevo desiderare di
meglio come accoglienza. Il livello della squadra è più o meno quella del
Bologna, cioè di una buona serie B italiana. Il campionato invece è molto
squilibrato: ci sono squadre che in Italia potrebbero star bene in A con altre
a livello di serie C.
Per quanto hai giocato?
Tutto il campionato, dato che il torneo è molto corto, solo 11 giornate. Tra
l’altro è finito esattamente quando ho concluso il mio periodo lavorativo, così
ho potuto disputarlo per intero.
Sempre in Development?
No. Probabilmente nel mio ruolo hanno visto che potevo essere utile anche alla
prima squadra e ho giocato spesso in Premier, partendo da titolare.
Un ricordo particolare?
Tanti, ma tra tutti la… le partite contro il Ngongotahā. Prima ho giocato
quella della seconda squadra e poi mi hanno chiesto di andare in panchina in
Premier. Credevo di far da spettatore e invece sono entrato e ho marcato la mia
prima meta in Nuova Zelanda, allo scadere. Non è servita a vincere la partita
ma mi hanno fatto una gran festa. E’ stato bellissimo.
Anche in Nuova Zelanda c’è l’usanza
della “matricola”?
Appena entrato negli spogliatoi, dopo la meta, il capitano mi ha detto di
prendere una delle mie scarpe. L’ha riempita con una birra gelata da 33 cl e
l’ho dovuta bere fino all’ultima goccia. Era salata. Le scarpe erano sudate…
sarà stato per le due partite di fila.
Mi pare che i neozelandesi ti siano
piaciuti.
Sono veramente molto accoglienti, non solo i rugbisti. Mi sono trovato bene e
devo dire che ho vissuto il Club come se fossi stato uno di loro da sempre.
Molti ragazzi avevano la mia età o più giovani, tanti imparentati tra loro. A
parte il terzo tempo, nei momenti liberi spesso ero con loro, uscivamo la sera,
qualche birra, molte chiacchiere. Parlavamo di tutto. Erano curiosi sul perché
fossi venuto in Nuova Zelanda. Mi sono sentito parte di una grande famiglia.
E finito il campionato, cosa hai
fatto?
Come ho detto è finito esattamente quando è terminato il contratto di lavoro.
Non ci siamo qualificati per i play off e così, come da programma iniziale, ho
noleggiato un’auto e per 3 settimane ho visitato in lungo e in largo la Nuova
Zelanda. Una terra fantastica, con posti assurdi e bellissimi.
Tra meno di una settimana il Bologna
inizia la preparazione al campionato, con tanti nuovi atleti di primo livello,
soprattutto in mischia. Come vedi queste novità?
La mischia andava “allungata”. Nella stagione passata in prima linea siamo
stati praticamente costretti a giocare in tre tutti gli 80 minuti per tutte le
partite. Con i nuovi arrivi, ragazzi di grande esperienza, avremo la
possibilità di giocare con più respiro. E poi, dato le loro qualità, avremo
l’opportunità di imparare e crescere. Per non parlare poi nella sana
competitività tra compagni di gioco. Ognuno di noi sa che dovrà guadagnarsi il
posto in squadra, che dovrà migliorarsi e impegnarsi al massimo. Crescerà
l’agonismo. Sono certo che con i nuovi arrivi ne gioveremo tutti, sia come
singoli sia come squadra.
Qualche cosa che ti è rimasta dalla
Nuova Zelanda, che potrà essere di aiuto a te e ai compagni?
Il gruppo. Dobbiamo essere una grande famiglia – ancora più di ora – con le
stesse passioni e obiettivi. E per gruppo intendo sia i giocatori seniores
(Cadetta e Prima squadra), sia gli amici, i familiari, i giocatori che negli
anni hanno indossato la maglia delle squadre bolognesi, i dirigenti, i tecnici e
il pubblico che ci segue. Un gruppo allargato che gioca, tifa e vive insieme al
Bologna Rugby Club.
Obiettivi personali per la prossima
stagione?
La serie A è l’obiettivo, e per riuscirci dobbiamo davvero lavorare con impegno
e passione. Tutti, a partire dagli atleti. Vorrei essere tra quelli che daranno
un contributo importante per raggiungere la promozione. Come atleta, voglio
migliorarmi atleticamente e tecnicamente, prendendo spunto anche
dall’esperienza neozelandese. Sono molto fiducioso e non vedo l’ora di scendere
in campo.
(AM)
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