Wheelchair Rugby Catania cerca casa.
Senza
certezze in merito al PalaCatania, il sodalizio cerca possibili alternative.
Un
progetto ambizioso, "folle" per certi versi, quello di portare il
rugby in carrozzina, wheelchair rugby in lingua inglese, a Catania. La prima, e ancora oggi unica,
realtà del genere a sud di Roma. La prima a puntare sui
giovanissimi, traghettandoli dalla primissima adolescenza alla piena età
adulta. In 8 anni i nostri atleti da bambini e ragazzini sono diventati adulti
e veri cittadini, pronti a spiccare il volo per i grandi palcoscenici sportivi
nazionali (e non solo) ma... non
hanno più una "casa" ove allenarsi.
Sin
dall'evento di presentazione quella casa è stata il PalaCatania,
principale arena coperta del capoluogo etneo, di proprietà e gestione diretta
del Comune di
Catania. Le difficoltà non sono mai mancate, sia relativamente
alle condizioni dell'impianto, decisamente migliorate dopo i recenti interventi
di ristrutturazione e restauro, sia di congestionamento dell'impianto stesso.
Come
ogni arena coperta, le attività sportive, musicali e di altra natura sono
molteplici. Ma questo ha comportato negli anni disagi (talora
mitigati dall'aiuto e solidarietà di altre realtà sportive, tra le quali
citiamo volentieri la META Catania C5, talaltra inasprite dalla mancanza di
collaborazione di altre realtà, che invece preferiamo non citare)
e frequenti stop a volte di ragguardevole durata (svariati
giorni, quando non settimane) per il nostro sodalizio, al quale mai sono
state offerte alternative "temporanee" ma parimenti adeguate
(parcheggio, accessibilità per persone in sedia a ruote o con deambulazione
assistita da ausili o con protesi, servizi adeguati come da
normative, magazzino per ricovero sedie sportive e attrezzature).
Quest'anno,
però, è diverso. Perché, arrivati
a quasi metà ottobre, non sappiamo se, e se sì quando, potremo programmare la
nostra attività nella struttura di corso Indipendenza.
Come per ogni stagione sportiva, ci siamo mossi per tempo per
concordare i giorni e gli orari, già da agosto. Ma questa volta,
nonostante PEC, email, messaggi e telefonate, ancora nessuna certezza,
nessun esito chiaro, nessun responso ufficiale.
Già
quelle 4 ore e mezza settimanali, per le quali regolarmente pagavamo,
risultavano "strette" al nostro progetto e alla nostra associazione,
vocatamente polisportiva e che intende guardare anche oltre, aggiungendo altri
sport alle due discipline già curate: il rugby in carrozzina, per l'appunto, e
il nuoto paralimpico.
Ma,
ad oggi, nemmeno quelle meno di cinque ore a settimana sono certe. E se già la
limitazione di tempo ha contribuito a rendere difficoltosa al nostro sodalizio
la promozione dello sport e la partecipazione alle competizioni ufficiali,
limitandoci ad eventi promozionali e raduni "sperimentali", l'attuale
incertezza rappresenterebbe una pietra
tombale per la nostra squadra, i nostri progetti, le nostre
prospettive, i nostri sogni.
Ci
chiediamo, praticamente all'indomani di un Trofeo CONI ove dello sport paralimpico non
c'era traccia - ma le autorità erano però tutte presenti
in prima fila alla cerimonia inaugurale a Catania - cosa ne pensano
di questa situazione l'assessore Sergio Parisi e il sindaco Enrico Trantino.
Ma rimanere fermi non ci appartiene,
non è nel DNA di nessun vero rugbysta, sia che giochi a piedi o su una sedia a
ruote. Facciamo
quindi appello a enti pubblici e privati di sottoporci
delle ipotesi praticabili, a Catania o nell'hinterland, ove poter riprendere la
nostra attività e, auspicabilmente, incrementarne la frequenza, oltre ad
affiancarla con altre discipline, sì da portare a regime il nostro obiettivo di
diventare un vero e proprio polo
dello sport paralimpico catanese.
Ovviamente,
non potendo comunque rimanere "al palo", accettiamo anche proposte
temporanee pur di riprendere gli allenamenti, qualora nel frattempo il Comune
di Catania volesse venire incontro alle nostre esigenze, al PalaCatania o
altrove.
I
nostri atleti non
possono rimanere fermi, e necessitano di adeguato minutaggio e giusta frequenza
di allenamenti, per portare avanti la propria passione e
curare la propria salute.
Cenni
storici.
Il
rugby in carrozzina o wheelchair rugby nasce in Canada negli anni '60 ad
iniziativa di un gruppo di studenti, che per la propria condizione di
tetraplegia erano rimasti ai margini dei team di basket in carrozzina.
Disciplina del tutto originale, dedicata proprio ad atleti con elevato grado di
disabilità, che si pratica in palestre o palazzetti, unisce elementi di basket,
football americano e rugby, ed è praticata su specifiche carrozzine
"corazzate". Molto apprezzato dal pubblico per la sua elevata
spettacolarità, è tra le poche discipline paralimpiche a non essere
"versione per persone con disabilità" di uno sport per normodotati:
nato come "murderball", il nome di "wheelchair rugby" è
giunto successivamente.
In
Italia è sport gestito dalla FISPES, la cui nazionale nei giorni scorsi ha
conquistato il bronzo ai campionati europei.
Il
team Wheelchair Rugby Catania, gestito dalla ASD All Sporting del Presidente
Antonino Maugeri, è stato presentato al PalaCatania nel gennaio 2016.
Lungo
la sua attività, l’associazione ha contribuito fattivamente al superamento
delle barriere, fisiche e culturali, che limitano l’esistenza e l’inserimento
sociale delle persone con disabilità, contribuendo tanto alla formazione di
giovani e meno giovani, quanto ad una diversa percezione dei disabili, quali
veri cittadini e veri atleti, che hanno così trovato realizzazione e
stimoli.
A ottobre 2024 il team non ha
certezze su dove allenarsi, con il rischio di cessazione dell'attività - unica
in tutto il meridione italiano - e dispersione degli atleti sin qui formati.
(Roman H. Clarke)
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