Ieri sera ero alla Sala Montale del Teatro Carlo Felice in Genova ad
assistere all’inedito spettacolo
PRELIEVI DI TALENTO, il primo Talent Show alla ricerca della vena
artistica che mira a ribaltare i luoghi comuni, e indubbiamente il risultato è
apparso semplicemente stupefacente, oltre che divertente e coinvolgente.
L’iniziativa partita dalle due infermiere Alessandra e Simona, ogni giorno
impegnate nell’ambulatorio prelievi dell’ I.S.T., piano terra, dell’Ospedale
Policlinico San Martino, è stata accolta in modo estremamente caloroso da un
folto pubblico che ha seguito l’evento rimanendo felicemente partecipe e approvando
con vivo interesse i numerosi interventi. Sul palco si sono succeduti numerosi
pazienti dell’ I.S.T. improvvisandosi cantanti, portando avanti spassose scene
comiche, esibendosi come ballerini e narratori di barzellette ed anche inediti
poeti. Tutti veri attori “in erba” come appunto le due infermiere, ma
soprattutto una nutrita rappresentanza di pazienti e con interventi della
Primaria prof.ssa Del Mastro e la
dott.ssa Bighin. E’ stato un evento che ha coinvolto positivamente molte
persone e che logicamente potrebbe avere prima o poi un seguito. Su tutti gli
interventi segnalerei quella del paziente P.B., tra l’altro autore di un libro di
poesie. (Roberto Roncallo)
“POCHE PAROLE”
Poche parole, ora, per cercare di spiegarvi perché
siamo qui, cosa ci ha spinti a fare qualcosa che molti di noi non hanno mai
fatto, né immaginato.
E, dunque, per dare un motivo al Vostro essere qui.
Ci unisce l’accoglienza:
accogliere, da una parte;
essere accolti, dall’altra parte.
E tutti noi che a lungo abbiamo sperimentato e
sperimentiamo, da questa parte,quell’accoglienza – insieme, prima, durante
e dopo l’assistenza – sappiamo quale importanza abbiano l’una e
l’altra, l’assistenza e l’accoglienza, il prendersi cura ed il
curare (che non sono la stessa cosa).
Abbiamo tutti noi sperimentato la differenza, tra
le persone, nel modo di essere accolti, nel modo di
porsi verso chi le accoglie.
C’è chi arriva con il sorriso (magari
imponendoselo con fatica), chi con il peso della propria
disperazione, chi schiacciato dalla rassegnazione, chi,
ancora, con la propria rabbia, verso tutto e verso tutti.
Tutte reazioni profondamente umane, e tutte
comprensibili, se si considera cosa conduce lì (cioè qui).
Tutti sentimenti che coinvolgono colui che
accoglie e che rischiano di travolgerlo.
E se essere travolti da un sorriso è in qualche
modo piacevole, pur non essendo affatto facile ricambiarlo,
fare i conti con la disperazione, con la rassegnazione o con la rabbia
dell’altro è gesto che richiede profonda umanità.
Una risposta, una difesa potrebbero essere il
distacco, la freddezza, la lontananza emotiva.
Nulla, qui, di più lontano dal vero.
Noi possiamo confermare che in particolare, ma non
solo, all’ambulatorio prelievi dell’Ist tutti, ma proprio tutti, ricevono
– ad un tempo – la stessa accoglienza ed un’accoglienza sempre diversa, sempre
su misura.
Un’accoglienza che è accompagnamento empatico in un
percorso terapeutico che diventa partecipato, condiviso.
Da subito, la prima volta, qualche domanda, una
battuta,
poi una incredibile “memoria” di te.
Spesso nemmeno ti ricordi di
aver parlato di quei fatti, di quelle tue passioni o
di quelle tue debolezze,
e comunque mai ti saresti
immaginato che quel che hai detto nel tempo di un prelievo fosse
davvero condiviso (non solo ricordato).
Pensavi fossero chiacchiere di maniera.
Forse perfino, la prima volta, ti sei chiesto perché si
interessassero di te (non basta il mio braccio?l’ho portato apposta!) o
magari perché fingessero di farlo.
Ed ecco, invece, che, spesso già al secondo
prelievo, si crea la magia dell’ascolto, dello scambio, dell’empatia.
Una magia che esalta la professionalità del
ruolo(perché quanto siano brave le ragazze possono testimoniarlo le nostre
vene, solo il cerotto ci ricorda che sì, il prelievo lo hanno fatto, e ti
chiedi come sia stato possibile).
Quanto duri quella magia, quanto e fin dove si espanda
nella vita dei pazienti partendo da quei pochi metri quadrati … be’ …
siamo qua, c’è bisogno di altro per spiegarlo? (P.B.)
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