GIORGIO
MORELLI, Presidente C.R. Abruzzo lancia questa importante proposta ai club
della Regione.
PROPOSTA PER
LE SOCIETA’ ABRUZZESI
Nel pieno
rispetto delle libere ed autonome determinazioni di ogni società lo scrivente in
sintonia con il programma esposto nelle recenti elezioni ritiene sia opportuno
invitare ad una riflessione su una proposta di lavoro che andrebbe ad
interessare tutte le società di rugby del territorio abruzzese.
Richiamo la
filosofia di fondo che ha ispirato sia il programma esposto durante le elezioni
sia le motivazioni che mi hanno spinto a propormi come Presidente del Comitato
Regionale.
In estrema
sintesi i valori fondamentali del rugby si vogliono tradurre in concreta
esperienza di lavoro e come base per lo sviluppo del nostro movimento.
Fare
squadra, rispetto delle regole, rispetto dell’avversario, amicizia e lealtà
devono trovare una applicazione pratica negli atti e nei rapporti tra i club ed
i propri giocatori genitori e sostenitori, oltre che nei rapporti tra le varie
realtà del territorio.
Vorrei
sottolineare come questi valori, da concretizzare in comportamenti e scelte
operative di gestione quotidiana e di programmazione, devono declinarsi anche,
in modo fondamentale, verso la crescita globale del territorio per alimentare
il senso d’appartenenza e di legame dei ragazzi con le proprie radici.
In questo
senso non può sfuggire come le giuste aspirazioni di ogni ragazzo siano verso
l’alto livello e verso le massime espressioni del rugby.
Dobbiamo
essere consapevoli che l’alto livello già da oggi, ma ancor di più nel prossimo
futuro, vedrà i migliori talenti, pochi, dirigersi in ambiti di professionismo
quali PRO12, club esteri e Nazionali, mentre gli altri, pur meritevoli,
vedranno svolgere la loro vita sportiva nel Campionato d’Eccellenza, in Serie A
o nelle serie minori.
Qui dobbiamo
essere tutti consapevoli che se da un lato i percorsi di ogni atleta sono a
doppio binario verso l’alto e verso il basso in relazione alle prestazioni ed
al processo evolutivo dell’individuo, dall’altro i livelli, qualunque essi
siano, devono restituire ai giocatori il massimo della soddisfazione e
gratificazione.
Legare gli
atleti alla regione d’appartenenza significa poter loro offrire facilmente
accesso al livello che solo “il campo” deve stabilire.
Sono sicuro
che il legame forte con le radici e l’invincibile spirito d’appartenenza che si
vuole creare porterebbero i migliori talenti che dall’Abruzzo spiccano il volo
per la loro carriera di professionisti d’alto livello a desiderare un ritorno
per mettere a disposizione del territorio l’esperienza acquisita, contribuendo
così a consolidare l’orgoglio e lo spirito d’appartenenza dei giovani che li
consacrerebbero come loro riferimenti e modelli positivi.
Altresì per
gli altri giocatori che svolgono la loro vita sportiva nel Campionato
d’Eccellenza, in Serie A o nelle serie minori si vuole generare un meccanismo
di riconoscenza verso i club che hanno loro consentito liberamente di poter
avere le massime soddisfazioni cui ognuno poteva aspirare nell’ambito della
regione Abruzzo.
Allora “FARE
SQUADRA” non resterebbe solo un’allocuzione retorica se tutte le società della
regione Abruzzo prendessero un formale impegno affinché gli atleti da loro
formati e cresciuti nelle varie categorie giovanili fossero liberi, senza
compensazioni di nessuna natura, di scegliere la squadra più adeguata alle loro
competenze ed esigenze.
Lo scopo è
quello di liberalizzare i movimenti con particolare attenzione a quelli dal
basso verso l’alto nella scala dei valori sportivi.
In Regione
Abruzzo abbiamo due squadre di Serie A, che si spera possano ulteriormente
migliorare il loro livello, oltre che squadre di Serie B, C1 e C2.
Dunque in
concreto propongo che ogni Società sia disponibile a consentire il passaggio di
un atleta ad un Club a lui interessato o viceversa ad un club cui l’atleta
ambisce a giocare.
Mi rendo
perfettamente conto che un tale sistema andrebbe a rivoluzionare i meccanismi
finora vigenti e gli equilibri economici a cui, pure, ogni società deve porre
attenzione, tuttavia vorrei sottolineare come le economie non si possono fare a
discapito degli interessi ed aspirazioni degli atleti.
Un impegno
di tal genere, che potremmo chiamare “Patto per il Rugby Abruzzese” potrebbe
dare, invece, dei concreti ritorni basati sulla possibilità di presentarsi alle
Istituzioni ed agli operatori economici con un piano chiaro, condiviso e forte
nei suoi principi e valori.
È vero che
le società sportive devono essere gestite come delle Aziende, ma non dimentichiamo
che mentre la mission di queste è il mero profitto, altra e più alta è la
mission dello sport.
Gli
investimenti dei club sui ragazzi, coinvolti nel gioco del rugby anche in
tenera età, fatti crescere con fatica ed impegno non possono essere finalizzati
al ritorno economico, ma alla creazione di un ciclo virtuoso per il quale il
club vede un ritorno dei propri ragazzi a fine carriera per una continua e
sostenibile crescita della società.
D’altra
parte il meccanismo di valorizzazione del capitale umano preso da bambino,
cresciuto sportivamente, dunque monetizzato al pari di un investimento in
borsa, seppur del tutto legittimo, comporta, spesso, un senso di ribellione e
di allontanamento dal club che lo ha visto crescere da parte degli atleti e
delle famiglie che subiscono sulla loro pelle il condizionamento dello scambio
monetario pur di veder sodisfatte le proprie aspirazioni.
Con il Patto
che propongo, che dovrebbe vedere interessate tutte le società abruzzesi, si
costituirebbe un’unità d’intenti in cui ogni club potrebbe riconoscersi come se
l’Abruzzo fosse un unico grande CLUB.
Come
rispettare la diversità delle realtà, i diversi metodi di lavoro, di
reclutamento e di sviluppo nei diversi territori che se esistono evidentemente
hanno tutte le loro ragioni?
In effetti
con questo “Patto” non si vuole creare nessuna omogeneizzazione, ma
esclusivamente riconoscersi in un progetto comune di crescita, in cui ogni
società al contrario deve vedere il lavoro della società vicina come una
concorrenza che impone a se stessa la necessità di essere allo stesso livello,
per un offerta sempre più interessante.
Riconoscersi
in un progetto comune in cui alla fine gli atleti in uscita dall’under 18 non
siano oggetto di scambio eviterebbe quei tristi fenomeni di “cannibalismo” per
cui si crede che la crescita del proprio club avvenga più facilmente se si
creano difficoltà al club concorrente, come se le difficoltà del vicino si
traducano automaticamente in benefici per se stessi.
I rapporti
con le Istituzioni pubbliche oggi sono calibrati attraverso le iniziative di
ogni società che si propone per ottenere benefici, per risolvere problemi e per
definire l’uso degli impianti sportivi.
Un “patto”
chiaro e riconoscibile anche dall’opinione pubblica, consentirebbe invece una
razionalizzazione ed ottimizzazione degli impianti al fine di permettere ad
ogni club di poter contare su un campo, degli spogliatoi, di impianto
d’illuminazione e club house.
A mero
titolo d’esempio, per la sola città dell’Aquila, che, ovviamente, è il faro di
riferimento per l’intera regione, troviamo situazioni consolidate come
l’impianto “Enrico Iovenitti” di Paganica, “Centi Colella” dell’Aquila, mentre
vi sono situazioni da definire per migliorarne sia i termini di utilizzazione,
manutenzione e di completamento di strutture e servizi come lo Stadio “Tommaso
Fattori”, il campo da rugby di Piazza d’Armi ed il “Comunale di Villa S. Angelo”.
Ebbene sono
sicuro che le Amministrazioni Comunali sarebbero molto più sensibili e
facilitate nelle proprie scelte se si trovassero di fronte l’insieme delle
Società Aquilane che condividendo la finalizzazione del proprio lavoro chiedono
il miglioramento delle condizioni.
Deve valere
il principio che le difficoltà di una crea problemi anche alle altre società e
viceversa il beneficio di una si tramette pure alle altre.
Ciò comporta
che se oggi abbiamo alcuni club che hanno la forza di molti ragazzi per tutte
le categorie, questi sono una risorsa per tutti noi ed uno stimolo per gli
altri club a seguirne le tracce utilizzando le stesse strategie che facilmente
possono essere condivise.
Altresì la
chiarezza dei rapporti e degli impegni, che di sicuro andranno a beneficio
delle massime espressioni del rugby in Abruzzo, consentirà di utilizzare quei
meccanismi, che già esistono, per permettere ai migliori giocatori U18 di fare
qualche esperienza, cioè qualche partita, nelle squadre di serie A continuando
a giocare normalmente con il proprio club il campionato di categoria.
Questa
fluidità arricchisce tutti, i giocatori vedono concretamente che la realizzazione
dei propri desideri dipende esclusivamente da loro stessi senza barriere tra
club, distanze tra allenatori, o, addirittura, scambi economici.
La crescita
dei talenti, specie U16 ed U18, troverebbe in Abruzzo un binario parallelo a
quello determinato dai centri di formazione permanenti ed accademie ed anzi con
questi potrebbero molto più facilmente avvenire quegli scambi nelle due
direzioni senza che chi esce dai centri federali debba sentirsi un frustrato ed
uno sconfitto e viceversa chi entra, anche a 16 anni, sentirsi arrivato, perché
troverebbero un’alternativa che consentirebbe sia di tornare in accademia in
quanto valorizzato sia di scegliere di restare nel territorio perché qui viene
comunque garantita la sua crescita senza il distacco e la perdita del senso e
dell’orgoglio dell’appartenenza.
Come vedete
gli spunti per discutere e per riflettere sono molti, la mia infatti è
un’iniziativa che vuole spingere al confronto ed alla condivisione uscendo
anche dagli schemi precostituiti perché sono sicuro che l’interesse di tutti
voi è lo stesso ed è il bene del rugby.
Nel ribadire
che ognuno deve sentirsi libero di fare le scelte che ritiene migliori per se
stesso e per il proprio club, vi invio i miei più cordiali saluti ed augurio di
buon lavoro.
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