lunedì 1 luglio 2019


OMBRELLONE OVALE: IL CAPITANO PADOVANO SACCARDO
Secondo appuntamento sotto l’ombrellone pirata per gli uomini petrarchini. Ieri ospite era coach Andrea Marcato, oggi è il turno del capitano: Alberto Saccardo.

Buonasera capitano, come va adesso che il campionato è fermo, a cosa ti stai dedicando?
Buonasera, diciamo che adesso posso dedicarmi a tutto quello che non riesco a fare durante l’anno per ovvi motivi di tempo, tipo praticare un po’ di boxe, che mi è sempre piaciuta e seguire un altro tipo di allenamento, sempre però propedeutico al rugby, un po’ più marziale.
Un cambiamento quasi drastico, è il tuo modo per rigenerarti?
Sì, preferisco dedicarmi a qualcosa di totalmente differente, lo trovo un modo quasi perfetto per staccare e ricaricare le batterie.
Effettivamente rompere con la routine a volte è salutare, in questi giorni a Firenze c’è stato un po’ di tutto dalla moda con Pitti uomo, alla musica col Firenze Rock, al calcio in costume (sempre la settimana dal 11 al 16 giugno).
C’ero anch’io alla semifinale del calcio storico. Ero in curva dei Bianchi.
Davvero? Cioè fammi capire c’era metà squadra di Padova quest’anno a vedere le semifinali, tu più altri tuoi compagni?
Sì, ci veniamo appena possibile. Abbiamo amici che giocano e ci siamo pure allenati insieme, sai in tanti anni che gioco ne ho conosciute di persone.
Avete presente l’idea romantica del Petrarca, del suo amore per Laura, seguita dalla blasonatura del club di cui parlavamo ieri, del mio sentirmi piccola e inadeguata, eccetera eccetera? Ecco cancellati con un colpo di sabbia di piazza Santa Croce. E per fortuna che siamo al telefono e non può vedere la mandibola che si è dislocata dalla mascella, tanta è stata la sorpresa.
Provo a riprendere la conversazione ma giuro che è molto difficile, anche perché l’idea mi fa sorridere parecchio.
Capitan Saccardo guida i suoi compagni. Foto Cusinato.
A proposito di carriera, tu che hai girato tanti club e vissuto tante realtà mi puoi spiegare cosa può muovere un giocatore a scegliere un club piuttosto che un altro?
Sai la scelta dipende da tante cose, i fattori che subentrano a condizionare la risposta sono molteplici e a volte non legate solo al gioco.
Sempre parlando della tua esperienza, mi hai detto che ti piace fare qualcosa di totalmente differente dal tuo solito quando sei in vacanza. E pensando al futuro: dopo il rugby come ti vedi?
Ho progetti paralleli che esulano dal mondo della palla ovale, sai la nostra realtà in Italia è ancora troppo piccola per pensare di poter fare l’allenatore professionista. Ce ne sono già abbastanza.
Ma io ad allenare i ragazzi ti ci vedo bene, alla finale di qualche settimana fa della Under18 è stato molto bello vedere il sostegno delle prime squadre ai ragazzi giovani (I Medicei contro Petrarca Padova, ndr).
Sai alla fine a Padova il rugby è molto ben radicato ed integrato, poi questi ragazzi hanno fatto un bel cammino, si sono impegnati molto. Era quasi doveroso seguirli per incoraggiarli.
Appunto coi ragazzi ci staresti bene. E per finire anche per te la nostra domanda finale, chi è il giocatore più pirata che hai incontrato?
Eh, mica facile. Ma compagno o avversario, vanno bene entrambi?
Sì.
Allora ti dico Alfonso Damiani, attuale giocatore di Colleferro, un amico con cui ho giocato a I Cavalieri di Prato e alla Rugby Roma, adesso professore di ginnastica. Tra l’altro ha pure giocato nei Bianchi qualche anno fa.
Anche quest’anno ce n’era uno di professore di ginnastica nei Bianchi, anche lui rugbista, Nana Rodrigue.
Sì, hanno fatto l’università insieme.

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