Una simpatica serata si
è sviluppata ieri nell’accogliente e pratica Club House del CUS Genova Rugby e,
per l’occasione MARCO PASTONESI ha presentato il suo libro “ JONAH LOMU, Vita
morte e mete di un All Black”.
Il giornalista
genovese, classe 1954, prepensionato dal 2015 dalla Gazzetta dello Sport con la
quale collaborava per il rugby e il ciclismo, ha scritto altri libri sullo
sport della palla ovale e la presentazione allo Stadio Carlini, vera “culla” del
rugby genovese e ligure, ha suscitato grande interesse degli appassionati
presenti.
Pastonesi è stato
presentato da Stefano Bertirotti, Responsabile della Sezione Rugby del CUS
Genova, e da Giorgio Cimbrico, giornalista specialista di rugby.
MARCO PASTONESI ha giocato poco a rugby, e non ad alto livello,
ma ha voluto soffermarsi proprio su questo primo aneddoto, sul suo approccio
con questo sport: “ Il mio interesse alla palla ovale è scaturita grazie a mio
fratello, che giocava appunto a rugby. In quel tempo c’era una penuria di
atleti, venni ad allenarmi al venerdi, e alla domenica giocai. Mi misero
all’ala, ruolo dove solitamente arriva di rado la palla, invece alla prima
zione la palla inaspettatamente mi è
arrivata, e assolutamente in quel frangente non sapevo cosa fare. E dagli
spalti ho captato una voce che mi grido’ – TIRA – ed allora con la cultura
calcistica con cui ci siamo nutriti sino da bambini, ho preso l’ovale ed ho
calciato. Ed ho sentito la stessa voce, riconoscibile anche perchè forse era
l’unico spettatore sugli spalti, che mi disse – PIRLA – certo io ero convinto
che dovevo tirare mentre nel rugby milanese, dove giocavo in quel tempo,
significava corri avanti con la palla, veloce. “
Marco Pastonesi avrebbe
cento aneddoti, cento racconti significativi e caratteristici da narrare, sia
di rugby, ma anche di ciclismo, e qualche piccola storia la presenta anche al
pubblico ma l’interesse principale logicamente è rivolto al nuovo libro. Il libro dedicato al campione LOMU, mancato
nel 2015 e che GIORGIO CIMBRICO ha voluto ricordare come: “ un grande
personaggio, che rimarrà come un monumento su di un crinale, l’ultimo giocatore
di rugby dell’era dilettantistica amatoriale, ed il primo dell’età moderna, con
l’arrivo del denaro ed il professionismo. E la sua esplosione coincide proprio
con questo periodo. E’ l’uomo che ha cavalcato questo confine, non so se potrà
aver guadagnato tanto o meno, ma certamente è stato estremamente disinvolto per
come ha inteso il rugby.”
Ma Marco Pastonesi
vuole cercare di fornire qualche delucidazione in piu’ sul contenuto del libro,
sulla storia di quel grande campione che non è piu’ con noi.
“ Jonah Lomu non era
uno dei MIEI, così come non lo era Pantani. Cioè i miei giocatori e i miei
corridori sono gli ultimi, quelli scarsi, quelli panchinari, quelli che non giocano
mai. Perchè egoisticamente sono quelli che hanno piu’ da raccontare, forse
hanno poche cose da raccontare, ma non le hanno raccontate a nessuno, e quindi
mi pongo come una sorta di monopolio,
pero’ Lomu l’ho scritto ed era unico con
i suoi 1,96 di altezza ed i 119 kg di peso ed i
100 metri in 10 secondi e 9. Ruolo non secondalinea, come il peso e l’altezza
potrebbero suggerire, non terzacentro ma
ala, una cosa che non si era mai vista.
Una cosa che ha anticipato di almeno dieci anni, se non di venti. Ed ho
scritto Lomu perchè la sua vita è nata
in salita; padre alcolizzato, famiglia di origini isolane, e poi trasferita ad Auckland, bensì a South
Auckand, un quartiere durissimo. Quello del film ERAVAMO GUERRIERI, quello delle bande, della mafia, della violenza,
della prepotenza e della ignoranza, e delle prigioni. Ho scritto Lomu perchè a
salvarlo è stato il rugby. Lui fisicamente un talento, un fenomeno. A scuola
vinceva tutto, anche nei campionati studenteschi, l’unica cosa che non
vinceva erano le gare di mezzo fondo e di fondo, ma tutto il resto come
salti, lanci etc. etc. era tutta roba
sua, pero’ poi il rugby. E’ riuscito a
in quadrarlo, regolarlo, a disciplinarlo, a dargli quei valori di istruzione e di educazione che invece la
famiglia, la vita non era riuscita a concedergli. Ho scritto Lomu perchè è stato il numero 941 All Blacks e gli All Blacks non sono una
squadra normale, sono una squadra speciale; è quasi una chiesa, è una
categoria, hanno qualcosa di semidivino, hanno delle regole scritte e non
scritte. “
(Marco Pastonesi nella accogliente Club House del CUS Genova Rugby che ha ospitato l'evento)
Infatti a suo tempo ci
si era meravigliati quando il capitano degli All Blacks Richie McCaw uno dei
piu rispettati e pagati, il giocatore piu’ quotato al Mondo, durante una
partita dove lui era inutilizzato nell’attesa di altri test piu’ importanti,
aiutava i proprio compagni porgendogli le borracce dell’acqua, durante le
pause. Incredibile per altri sport!
“ Ho scritto Lomu
perchè sembrava irraggiungibile, imprendibile, pero’ era difettoso, aveva un
difetto di nascita, una malattia renale che non era stata vista, non
diagnosticata e che poi quando è esplosa
lo ha appiedato, segato, poi il trapianto, la dialisi, due tre lunghe
riabilitazioni ed ogni volta riaffrontava questo difficilissimo percorso per
ritornare in campo, anche se non era
piu’ il Lomu di una volta. Smesso di giocare Lomu è diventato una specie di
ambasciatore del rugby, ha vissuto il rugby come una sorta di missionario,
pagato, pero’ si prestava ed umilmente. Mi ricordo una sera venne nella club
dell’ ASR Milano, piu’ modesta che questa attuale del CUS, fu attorniato da un
nugolo di ragazzini che forse non sapevano nemmeno chi fosse quell’omone alto,
grosso, nero, tatuato che pero’ sorrideva, scherzava con tutti, era un uomo
semplice, normale. Per scrivere Lomu, per dargli spessore ed una una
tridimensionalità io mi sono occupato di storie normali, anche perchè il rugby
non è fatto solo dei Lomu o dei McCaw. E’ fatto anche da gente normale daI Bertirotti, daI Pastonesi pertanto per il
libro ho scelto delle storie minime, cercando di spiegare come il rugby sia una
materia educativa, unica. “
Marco Pastonesi
continua a spiegare il rugby...... come “ Cinque anni fa cinque All Blacks
fecero visita ai carcerati del Beccaria di Milano. Provarono e fecero vedere
qualche azione e con gli stessi
carcerati alla fine parteciparono al terzo tempo, con semplicità. Anche questo
è il rugby. Mi ricordo il pilone TIALATA
di 115 kg, un gigante, che spiegava ai
ragazzi cosa vuol dire per loro tatuarsi, in quanto nella cultura maori ha un
significato filosofico , tradizionale e lo stesso c’è anche in carcere, pero’ bisogna farlo
secondo alcune regole. “
In questo libro oltre
alla storia e agli aneddoti inerenti la carriera e la vita di Jonah Lomu, sono
presenti anche storie di vita di rugby piu’ semplice, di rugbisti sicuramente
di tecnica piu’ modesta ma che pero’ noi vogliamo bene!
Nessun commento:
Posta un commento