Ci sono pensieri che, se non li scrivi subito, dopo non saranno mai più la stessa cosa. Ti sfuggirà la loro profonda natura, lo sgomento stordente che hanno causato, l’incredulità tragica che hanno lasciato. Elaborerai tutto e nulla sarà più sentito com’è sentito adesso. Ripenserai alla notizia che ti è stata data a fil di voce. Rifletterai sull’ineluttabilità del destino e della vita. In qualche modo lenirai lo strazio con dosi di tempo e di razionalità opportunamente mescolate.
E allora lo scrivo oggi, quello che devo scrivere. Ora. Adesso. Qui. Scrivo di questa perdita.
Scrivo di Flavio che se
n’è andato, all’improvviso.
Lui era così.
Giocava da estremo,
arrivava come un vento tempestoso alle tue spalle e gridando un vigoroso
“andiamo” trasformava in vento anche te. Accidenti se me lo ricordo quel grido.
Come se fosse adesso.
Una palla alta che
scendeva, e lui sotto. Poi atterrava senza quasi posare i piedi e già sapeva in
che direzione andare. Bastava restare nella sua luce, nella sua scia, se ne eri
capace. O volava via, verso la meta, o scaricava la palla a te, per regalarti
una soddisfazione personale. Sì, era vento tempestoso, in campo.
Lui era così.
Una forza della natura,
uno zefiro che innescava tramontana, improvvisamente capace di trasformare il
passo lento e compassato dell’allenamento in un turbine improvviso. Era folate,
Flavio.
Lui era così.
Folate di sorrisi e poi silenzi, abbracci virili e pensieri teneri distribuiti con parsimonia tra le persone che amava. Era un uomo che aveva delle misure precise, determinava il suo perimetro e dentro a quello si muoveva. Regalava quel suo sorriso esplosivo con generosità democratica, popolare ed esclusiva al contempo. Per cui ognuno si sentiva speciale nel riceverlo, quel sorriso.
Per eri me un fratello
di campo. E anche fuori da lì. Un figlio di Franco come me, uno di noi.
Perché con te, tra noi,
bastavano poche parole. Perché c’era uno spazio del non detto entro il quale a
entrambi piaceva rimanere. Tacita intesa, spesso. Anzi, sempre. Con te funzionava
così. Per noi funzionava cosi.
Da domani torneranno a
scivolare i giorni e in ognuno di loro risuonerà forte il silenzio della tua
assenza. Noi resteremo qui, a scandire il passare delle ore su quel campo
luminoso della vita che ti ha visto giocare, amare e sorridere.
Ognuno di noi serberà in sé un personale ricordo del tuo volto, chi quello dell’amicizia senza interesse, chi quello dell’amore pacato, chi quello della tua più intima fragilità.
Oggi ci hai lasciato il
tuo ultimo regalo, quello che non hai avuto il tempo di spedire ma che è
comunque giunto a destinazione: quell’amicizia che hai voluto concederci in
vita, che ricambiamo qui, oggi, tutti insieme. Tienilo a mente, amico mio,
affinché tu non abbia a mai a perderti nel viaggio.
Arrivederci, Flavio.
Corri come un turbine verso la prossima meta da segnare e vivi per noi la gioia
della perenne vittoria. Gioca, in pace, nel mare sereno dell’eternità.
(GianAndrea Cerone)