Le mete di Paolo Pescetto: “Il Rugby è una questione di famiglia”
Il pane guadagnato col sudore della fronte è
stato concepito come una maledizione biblica, ma Paolo Pescetto lo intenderebbe
come uno sprone per raggiungere un soddisfacente traguardo col merito piuttosto
che facendosi spingere dalla fortuna, così come ha fatto per tutte le mete che
ha raggiunto col Rugby. Eppure avrebbe anche potuto
credere che il successo con l’Ovale tra le mani fosse dovuto dal destino: è il
degnissimo erede di una vera e propria stirpe regale del Rugby
genovese, una famiglia che ha dato tantissimo alla crescita del nobile sport tra
le mura della Superba, a partire dall’ omonimo nonno, una vera e propria colonna
fondamentale per il CUS Genova, passando per il
papà e lo zio.
Così si può
dire che oltre qualche gene, e la passione dalla famiglia quello che è
arrivato, è tutto quello che hanno messo nel CUS da cui Paolo è partito, una
società che un po’ come lui ha delle radici saldissime, ma sa puntare gli
orizzonti più ampi e vari. E per gloriosa che sia la tradizione che si è
ritrovato alla nascita sulle spalle, con la caparbietà di chi vuole inaugurare
la sua, di strada, da bravo mediano d’apertura, ne
ha introdotte di sue di consuetudini ammirabili; dove va, si vince. Ha
conquistato con il CUS Genova la promozione in Serie A con cui a 17 anni era
già titolare in serie A con il Cus Genova; ha vinto il campionato Espoirs con
il Narbonne, dopo essersi trasferito in Francia, dopo
che, belle mani e ottimi piedi, gran placcatore, non era stato selezionato
dall’accademia della F.I.R. esclusivamente per dubbi limiti di altezza -1 metro
e 77!; ha vinto, una volta tornato in Italia, lo scudetto 2019 venendo nominato
Man of the Match della finale. Ora, festeggiati da poco i 28 anni, è al Rugby Colorno con lo scopo di
proseguire questa tradizione che è un po’ tutta sua, e un po’, come la grinta e
la pervicacia, la condivide con tutti i campioni di tutte le discipline.
Forte di una versatilità che non è soltanto una caratteristica del
suo gioco ma anche del suo pensiero, e che gli proviene dalle tante esperienze
all’ estero. Con un unico punto fisso: dare sempre il massimo dell’impegno, che
prima o poi un modo per arrivare dove vuoi lo trovi. Ma senza dimenticare da
dove si è partiti: il detto Dantesco “Tu proverai sì come sa di sale lo pane
altrui” per lui non vale perché la sua pagnotta Ovale se l’è cucinata ovunque
con le sue mani, al massimo traendo ispirazioni dagli altri; ma seguendo una
ricetta di famiglia che se pure comprende sudore a volontà, ha sistematicamente
il dolce fragore del successo meritatissimo, e una punta di basilico
Zenéize nel retrogusto.
Da dove
nasce la passione per il Rugby?
“Una questione di famiglia. Mio
papà giocava, e anche tutti e due i miei nonni, e anche mio zio, tutti molto
appassionati. Mio nonno ha giocato anche in nazionale, ha giocato molto, era un
grande sportivo, e ha passato questa passione anche ai suoi figli, a mio papà e
anche allo zio. Hanno praticato tutti e due al CUS Genova, e poi a Milano mio
papà, e anche lui è stato convocato con qualche nazionale universitaria e
giovanile, e quindi me l’hanno trasmessa questa grande passione”
Quando hai
cominciato a praticarlo?
“Io all’inizio non ero un grande
amante del Rugby…lo ero del calcio! Da più piccolo…e poi a 11 anni c’è stata
una svolta: non mi ricordo esattamente per quale motivo, ma ho deciso che
cominciavo a giocare a Rugby. E da lì è stato Amore…e la mia grande passione
per questo sport. Ovviamente ho iniziata giocare a Genova, al CUS, nelle
giovanili, e sono rimasto sino a 18, 19 anni”
La tua
carriera ti ha visto poi andare molto lontano, sia come risultati raggiunti che
esperienze fuori da Genova. Hai voglia di raccontarci queste “mete”?
“Il Rugby mi ha permesso di
viaggiare un sacco, anche prima che iniziasse la mia carriera professionistica.
Durante tutta l’estate successiva alla mia quarta Liceo sono andato a fare
un’esperienza in Nuova Zelanda, che ha cambiato un po’ tutta la mia prospettiva
e ha infuocato ancora di più la passione per questo sport. Già l’anno prima
avevo fatto un’esperienza in accademia a Bath, ma le grandi esperienze son
venute l’anno dopo ili Liceo. Sono andato a giocare in Francia 4 anni a
Narbonne, dal loro centro di formazione, dove ho giocato un po’ in “Espoirs”-il
campionato giovanile-, il primo anno siamo diventati Campioni di Francia nella
lega PROD2. Un gran bel risultato che agevolato la fiducia del club in me, e
infatti l’esperienza è continuata per altri 3 anni dopo il primo, dove mi sono
tolto tante belle soddisfazioni giocando in prima squadra”
Poi hai deciso di rientrare in Italia…
“Sì, ho trovato un’opportunità al
Calvisano. Anche lì un’esperienza fantastica, conclusa tra l’altro il primo
anno col titolo di Campioni d’Italia, è stato stupendo. Da lì, dopo che
il campionato è stato interrotto per la pandemia, sono andato a maggio alle
Zebre a Parma, poco lontano. Anche lì esperienza molto formativa, difficile, e
adesso sono qui a Colorno, ritornato nel campionato del Top X, dove puntiamo in
alto quest’anno. Speriamo bene, facciamo di tutto per avere dei grandi
risultati e portare questa società per la prima volta i Playoff”
Qual è stata
l’emozione più grande della tua carriera?
“Ce ne son tante…una che
sicuramente rimane indelebile nel mio cuore è il primo anno al Cus Genova
quando giocammo la finale per salire in Serie A dalla B, io avevo appena
compiuto 18 anni a gennaio e…pazzesco. Quando sono entrato in campo al Carlini,
c’era un sacco di gente, quasi 3000 persone. È stato incredibile. C’era un mio
compagno che non giocava e c’era un entrata sotterranea sotto la H –i pali della linea di meta– e mi ricordo che stava dicendo il mio nome
proprio nel momento in cui sono entrato in campo e…mamma mia, quei brividi lì
sono rimasti, è stata una grande emozione. Poi ovviamente l’esordio in
PROD2, i miei genitori sono venuti a Bourgoin in Francia a vedermi è stato
anche lì fantastico. E ovviamente quando siamo stati Campioni d’Italia con
Calvisano, anche per il fatto che è stato non lontano da Genova, e c’era grande
tifoseria di casa! È stato bellissimo. Queste sono le TOP 3, ma ovviamente la
prima è la più marcante”
Quanto ti
alleni ogni giorno?
“Considerando che giochiamo
spesso la domenica, il lunedì è libero. Il martedì spesso, mattina o
pomeriggio, facciamo una riunione per rivedere le azioni delle partite e
discutere le cose che potevamo fare meglio e quelle che sono andate bene. Poi
facciamo una seduta di palestra non troppo pesante e un collettivo di 40-50
minuti anche quelli di intensità non pesante. Mercoledì e venerdì sono i giorni
più tosti, quando facciamo al mattino reparto palestra, anticipate spesso da
una riunione per preparare la partita che segue. E il pomeriggio subito dopo
pranzo ci alleniamo di nuovo, un collettivo con una riunione sulla squadra che
andremo ad affrontare, e poi un allenamento tosto. Il Giovedì è libero, e
il sabato è tranquillo: la mattina facciamo palestra esplosiva, prepartita e
Team Run. E domenica partita”
Come
mantieni il tuo corpo in forma?
“Sto molto attento
all’alimentazione per tenere il mio corpo sempre al top della forma. Mi piace
allenarmi per cui vado spesso in palestra e a tutte le sedute do sempre il
100%. Abbiamo a disposizione al club fisioterapisti se siamo un po’acciaccati
e…dopo i giorni pesanti, tanto riposo! Dormire bene la notte, bere tanta acqua,
mangiare sano ed equilibrato. E tanto, perché comunque consumiamo tante energie
durante il giorno, quindi mangio bene e cerco di mangiare una dieta abbastanza
equilibrata e varia ”
Quali sono
per te i valori dello sport, in generale?
“Per lo Sport in generale direi
spirito di sacrifico, perché esponi il corpo a situazioni “non confortabili”,
riprendendo l’inglese Uncomortable, ti metti insomma un po’ sotto stress, e la
disciplina, ce ne vuole tanta per fare uno Sport, sia anche non agonistico, ma
vai o stai lì ogni giorno o ogni 2-3 giorni. E poi, a parte gli Sport singoli,
la convivialità”
E quelli in
particolare del Rugby?
“Sono un po’ sempre gli stessi,
no!?!Spirito di squadra, sacrificio, rispetto! Sono però valori importanti. Si
dice spesso che il Rugby è uno Sport che si distingue, ad esempio capita
spesso nelle partite che dei veri e propri energumeni non si permettano
di parlare all’arbitro o se ne stanno silenziosi. Pensiamo ad esempio al
rispetto dell’avversario, la convivialità che si crea dopo la partita, dopo… la
Guerra: finisce tutto, ci si stringe la mano, ci si rialza a vicenda e si condivide
una bella birra assieme. Ed è questo quello che più mi piace del Rugby: anche a
livello professionistico c’è una libertà di convivialità, di rilassatezza, di
condivisione…di bersi una birra e poi non parlare solo di Rugby, si condivide
anche altre cose della vita. E infatti ho amici sparsi nel mondo grazie al
Rugby con cui sono ovviamente ancora in contatto, con cui ho legato davvero
profondamente nei miei viaggi”
Ci racconti
un segreto…rivelabile? Una pratica, un rito, un motto che ti ha aiutato a
diventare un campione?
“Eheheh, un segreto! Pochi
segreti, secondo me! Lavorare duro. Già sono a cui piace allenarsi tanto, poi
quando arrivano sconfitte o delusione mi piace dare ancora di più, sia perché
mi sfoga fisicamente sia perché penso porti a un miglioramento personale. Non
mollare mai. Se si è appassionati veramente, credere sempre in quello che si
fa, che in un qualche modo ci si riesce sempre”
Una passione
al di là del Rugby?
“Negli ultimi anni ho iniziato a
suonar la chitarra. Mi permette di passare un po’ di tempo e rilassarmi. E poi,
soprattutto ultimamente, un po’ per necessità vivendo da solo, e un po’ perché
l’alimentazione è molto importante per gli sportivi, cucinare mi piace molto.
Mi piace assai il pomeriggio mettermi un po’ di musica e cucinare. E leggere
ogni tanto, ma, devo ammettere, non troppo spesso!”
Qual è il
tuo rapporto con la Liguria? Cosa ti piace di più della regione?
“Liguria è casa! Mi piace un
sacco. Essendo fuori da tempo e soprattutto vivendo ultimamente in posti un po’
in pianura, isolati, mi piace tornare al mare. La Liguria è una terra dura ma
stupenda, con montagne e mare, e tornare al mare mi dà una bella pace, mi piace
un sacco. Ci sono dei posti in cui quando torno vado spesso anche da solo per
fare il bagno, non importa il periodo dell’anno. E poi Genova…ci sono cresciuto
sino ai 18 anni, ci sono la mia famiglia e tanti miei amici. Sono legatissimo
sia alla Liguria che a Genova. Vado molto fiero della terra in cui sono nato. E
dei suoi prodotti ad esempio: mi vanto molto del pesto e ogni volta mi prendono
in giro!”
C’è una
figura, del mondo dello sport o in generale, che è per te motivo di
ispirazione?
“Quando ero più giovane, quando
avevo appena cominciato Jonny Wilkinson era in piena esplosione, assieme a Dan
Carter, ovviamente due giocatori nel mio ruolo particolarmente forti. Wilkinson
di più, oltre ad avere il piede in attacco estremamente è stato il primo
10 difensore…e io sono un po’ così. Difendere, placcare…però ultimamente
non mi ispiro troppo. Ognuno ha la sua strada, siamo tutti quanti diversi,
quindi voglio essere la miglior versione di me stesso.
Magari aggiungere piccole cose
degli altri che vorrei, ma “con la mia testa”; ad esempio negli ultimi anni in
questi ultimi anni mi ispira Djokovic, una persona che oltre ad essere campione
si è dimostrata fedele a sé stessa. Rimanere fedele alle mie passioni è quello
in cui credo, sempre un obiettivo chiaro in testa per superare gli ostacoli”
Che consigli daresti a un bambino che si avvicina al Rugby per la
prima volta?
“Divertirsi, tanto e trovare dei
compagni che hanno la stessa passione. È uno Sport semplice, che crea dei
legami oltre educazione e carattere”
Quali sono i
tuoi programmi per il 2023?
“Ora sono qui a Colorno e sono
pienamente concentrato sulla stagione per raggiungere i grossi obiettivi di
squadra che ci siamo dati e che sono anche personali, ma in realtà io vivo
molto alla giornata, mi concentro molto sul presente e su quello che posso fare
adesso senza preoccuparmi troppo del futuro. Un programma potrebbe essere
andare a trovare un mio amico in Francia che ha appena avuto un figlio e l’ha
chiamato come me perché siamo rimasti molto legati. E poi divertirmi giocando,
vivere…i miei programmi sono vivere”
Federico
Burlando
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