L’ITALIA DEL RUGBY/1
Nel marzo scorso Massimo Giovanelli, ex atleta della Nazionale Azzurra
e dirigente sportivo, ha presentato la sua candidatura ufficiale alla
Presidenza della Federazione Italiana Rugby, sostenuto dal movimento L’Italia
del Rugby. Le elezioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo FIR si terranno
probabilmente nel corso dell’autunno 2024 o, al piu’ tardi, entro marzo 2025.
Quest’oggi lo stesso candidato si è presentato ad alcune societa’ del rugby
ligure, presenti alla riunione che si è svolta nella club house delle CFFS
Vespe Cogoleto. Alla riunione ha preso parte anche Claudio Balconi, dirigente
del Rugby Rho. Presente anche noi di RUGBYTOTALE&SOCIALE, ed in merito
cercheremo di pubblicare qualche importante particolare sul suo programma
elettorale, logicamente il tutto sara’ diluito in qualche puntata.
Per chi non lo sapesse, in ogni modo, Giovanelli, classe 1967 di
Noceto(PR), vanta una lunga carriera composta da numeri vertiginosi: 60
presenze in Nazionale, di cui 37 da capitano(il primo dell’Italia partecipante
al Torneo del Sei Nazioni), 2 le partecipazioni al mondiali (1991 Inghilterra e
1999 Galles).
“Il
marzo scorso quindi – afferma MASSIMO GIOVANELLI – abbiamo presentato a Roma il
nostro programma, dove ho anche presentato la mia candidatura da Presidente. La
nostra iniziativa è partita due anni fa, insieme ad altri ex atleti della
Nazionale come per esempio Marcello Cuttitta, con i quali abbiamo condiviso
l’avventura che poi ci porto’ al Sei Nazioni. Purtroppo al di la dell’entusiasmo
iniziale è invece iniziata una progressiva caduta libera. Perche’ questo? Fatta
l’Italia bisognava fare gli italiani, fatto il Sei Nazioni bisogna costruire
una cultura, e una cultura del nostro movimento per sostenere l’impatto con un
evento che in realtà dietro conserva tutto un Mondo. Quelle Nazionali presenti
da sempre al Sei Nazioni – ribadisce GIOVANELLI - fanno parte di Paesi che formano dei
giocatori, il meglio di loro salgono in un sistema verticale che alimenta queste
Nazionali. Centocinquanta anni di storia contro i nostri settanta! Settanta
anni non sono un battito di ciglia, sono una stratificazione culturale, quello
che è mancato credo quindi è ricostruire il nostro tessuto produttivo di
giocatori, e investire per diventare uno sport popolare.
La carriera di Massimo Giovanelli inizia nelle giovanili del Noceto, squadra con la quale nel 1984 esordisce in prima squadra. Il battesimo con la Nazionale, invece è datato 1989. Partecipa per la prima volta alla Coppa del Mondo nel 1991 in Inghilterra. Nel 1997 si laurea Campione d'Europa. Nel 2000 si annovera il dato storico della prima partecipazione della Nazionale al Torneo del Sei Nazioni, torneo in cui è passata alla storia la leggendaria vittoria sulla Scozia per 34 a 22. Quest'ultima è stata anche l'ultima volta in cui Massimo ha indossato la maglia azzurra.
Oggi in Italia il
rugby non è assolutamente uno sport popolare. Oggi l’Italia fondamentalmente
rappresenta il dieci per cento rimanente di quel novanta per cento di tesserati
praticanti che sono i principali cinque sport in Italia. Al primo ormai è noto
è il calcio, e sorprendentemente al secondo posto c’è il tennis che ha
dichiarato il presidente della loro federazione punta a salire ad avere
cinquecentomila praticanti tesserati, attualmente sono già a quattrocentomila.
Come fa uno sport praticato quasi esclusivamente singolarmente a raggiungere un
simile risultato? Pensare che la Federtennis era a suo tempo una federazione
vicina al commissariamento, ora i numeri sono cambiati grazie agli investimenti
effettuati dalla stessa federazione tennis e fondamentalmente mirati a portare
questo sport a livello popolare.
(Come sempre l'accoglienza per il terzo tempo in casa delle Vespe di Cogoleto è stata esemplare)
Investimenti sul territorio,
sull’impiantistica, sulla formazione dei tecnici e soprattutto grazie ad un’operazione
strategica ed importante come il portare in Italia il padel. Di seguito in questa
speciale classifica abbiamo il ciclismo, il nuoto, il basket e il volley e nel
10°/° che rimane noi occupiamo solo il 3°/°, e se non avessimo il Sei Nazioni
come numero di tesserati saremo piu’ o meno a livello del baseball. Siamo
ancora una sport regionale, abbiamo mancato l’aggancio per diventare uno sport
popolare. L’ingresso dell’Italia al Sei Nazioni fece scalpore, ricordate tutti
i bambini arrivavano da soli e numerosi al campo in quanto se si ottengono i
risultati e la visibilità il riscontro arriva. Bisogna rilanciare questa sfida
in quanto abbiamo garantito economicamente il futuro dell’Italia ? Certo che no
! Bisogna garantire che cosa faremo per cambiare il trend, e noi tutti ci siamo
detti che era decisivo investire sul territorio, partire dalla base insomma. La
base è la parte operativa che produce il sistema di vertice, non è il
contrario, non è una vittoria della Nazionale che risolve il problema, ma è
determinante invece creare un sistema territoriale che lavora in sinergia
attraverso tutta una serie di iniziative. “ (roberto roncallo)
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